Chi è Salvo?
Trovo sempre difficoltà nel presentarmi, in quanto non so mai cosa dire e cosa non dire. Potrei dire che mi chiamo Salvo D’Amico, che ho 24 anni e che vivo a Catania. Potrei anche dirvi che sono un laureato che sta per finire una specialistica in geofisica all’università, ma questo basterebbe a spiegare chi io sia? Me lo sono sempre chiesto e, ad oggi, credo di no.
Eppure, la società ci impone d’identificarci, in qualche modo, così ci siamo inventati queste frasi precompilate da usare nei contesti di vita quotidiana.
Pensateci per un attimo: << Mi chiamo …; Ho … anni; Nella vita faccio ….; Questo/a sono io. >>

Credete che basti a identificare le affascinanti e complesse sfumature che caratterizzano noi esseri umani?
È stata proprio la voglia di cercare una risposta a domande come questa che mi ha spinto, nell’estate del 2018, a 22 anni, ad avventurarmi in un trekking di lunga percorrenza, in solitaria.
Ci pensavo già dall’inizio dell’anno e ne parlavo, ogni tanto, con amici e parenti.
Le loro risposte?! “è troppo pericoloso”, “e se ti fai male?”, “ci vuole troppa preparazione fisica” e la più frequente di tutte “Ma perché da solo? Non ti annoi?”.
Questa continua domanda “Ma perché da solo? Non ti annoi?” mi ha fatto riflettere per tutto l’inizio di quell’anno.
Io credo che la maggior parte delle persone abbia paura di stare da sola.
Perché succede questo? Credo che succeda, tra i tanti motivi, per scarsa conoscenza di sé stessi.
E non capivo.
Come fanno le persone ad affrontare i problemi giornalieri se non cercano di conoscersi più a fondo?
Come fanno ad aiutare chi sta loro vicino, se non riescono prima a capirsi personalmente?
Come fanno a scegliere chi avere accanto? Come fanno a scegliere?
Non capivo, ma volevo capire (o almeno provarci).
La partenza: La decisione di partire in solitaria arrivò in primavera, quando lessi una bellissima frase di Pier Paolo Pasolini: “Io avevo voglia di stare da solo, perché soltanto solo, sperduto, muto, a piedi, riesco a riconoscere le cose.”
Nello stesso periodo, mi arrivò l’e-mail di un’offerta per un volo Catania-Londra di sola andata. Ci riflettei per qualche ora, poi decisi di buttarmi e lo acquistai.
Ho sempre amato camminare in natura e, avendo avuto la fortuna di crescere ai piedi dell’Etna, mi sono appassionato, negli anni, al trekking.
Così, per curiosità, cominciai a cercare qualche trekking nel Regno Unito e, tra i tanti, ne trovai uno che partiva proprio da Londra.
Il trekking si chiamava Avenue Verte, e collegava la metropoli di Londra a quella di Parigi per 300 km circa (+100 km di traghetto per attraversare il Canale della Manica).
Cominciai a studiarlo dettagliatamente.
Aveva pochissimo dislivello ed era ben segnalato, ma era lungo (infatti la maggior parte decide di percorrerlo in 2-3 giorni in bicicletta).


Io però volevo farlo a piedi.
Così per tutta la primavera e l’inizio dell’estate cominciai ad allenarmi sulla resistenza delle mie gambe e scoprì con me stesso che avrei potuto reggerlo.
Anche questo è un modo per conoscersi più a fondo: spingersi fino al limite, per poi scoprire di poterlo superare.
Così, nell’Agosto 2018, partì per Londra da solo, con un bagaglio carico soltanto di cose essenziali, paure e speranze.
Non ero mai uscito dall’Italia, non avevo mai viaggiato in solitaria, ma decisi di sfidare me stesso e di capire fino a che punto potessi cavarmela da solo.
Il trekking cominciò in un’insolita mattina soleggiata londinese, tanto che i ragazzi conosciuti in ostello la sera prima mi dissero che avevo portato con me il sole della Sicilia.
Man mano che camminavo, i grandi palazzi grigi e seri di Londra lasciavano il posto a casette sempre più rustiche e colorate e queste, a loro volta, scomparvero nei giorni successivi, lasciando il posto a sconfinati campi, nei quali piazzavo la tenda per dormire poco prima che il sole cominciasse a calare.


Durante il trekking, ovviamente, arrivarono diverse difficoltà (sia per l’inesperienza nel fare un trekking così lungo, sia per la cara legge di Murphy): mi si ruppe il bagaglio che trasportava tutto il necessario e dovetti organizzarmi alla meglio; le spalle cominciarono a farmi male man mano che i chilometri si accumulavano; zero segnale gps il primo giorno di arrivo in Francia; ogni tanto non riuscì a trovare un posto dove piazzare la tenda (soprattutto in Inghilterra, in quanto molti campi erano tutti recintati) e dovetti dormire dove capitava prima, anche a bordo strada.
La difficoltà più grande arrivò due sere prima di arrivare a Parigi.
Quando, giorni prima, arrivai sulle coste del sud dell’Inghilterra, mi convinsi che potevo davvero farcela. Questo pensiero mi permise di affrontare anche il nord della Francia, molto meno selvaggio del sud inglese, ma sicuramente non meno bello.
Due sere prima dell’arrivo a Parigi, piazzai come sempre la tenda e mi misi a dormire. Nella notte arrivò un violento temporale, fatto di pioggia, tuoni e forte vento. Fu proprio il vento a strappare le cuciture della tenda e a far entrare acqua da tutte le parti. Mi ritrovai a svegliarmi colpito dalla pioggia, al buio, nel bel mezzo del nulla francese. Fortunatamente avevo poche cose con me, riuscì a recuperarle tutte con una torcia, uscì dalla tenda e mi misi a camminare. Pioveva e non vedevo quasi nulla. Pensavo alla famiglia e agli amici e questo pensiero mi diede la forza di continuare a camminare. Dopo qualche chilometro ero zuppo, ma fortunatamente trovai una casa con un capannone ed entrai per ripararmi. Penso che quella fu la mia salvezza. Il temporale terminò circa un’ora dopo, il tempo di asciugare tutto alla meglio e, all’alba, tornai a camminare.
L’ultima sera mi capitò di dormire solo con il sacco a pelo, poco distante dal bordo della strada. Può sembrare tragico e pericoloso, eppure quella sera vidi uno dei cieli stellati più belli della mia vita.


Magna Via Francigena
Successero tante cose in quel trekking, alcune tragiche ed altre belle (come il signore francese che mi offrì un pasto caldo in casa sua, senza nemmeno chiederglielo) ma alla fine arrivai comunque a Parigi.
Dopo questa esperienza, negli anni successivi sono partito per altri viaggi e trekking in solitaria, dove ho conosciuto tantissime persone di vari paesi e, a tutte queste, ho cercato di diffondere la bellezza e l’importanza del concetto di essere consapevoli di sé stessi e, in caso contrario, di ricercare questa consapevolezza durante la propria vita, così come continuo a fare io stesso.
Perché, alla fine, la vita non è altro che il più lungo ed entusiasmante trekking che potremo mai percorrere.
Salvo

Salvo D’Amico
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