Viandante o pellegrino? Sapete la differenza tra questi due nomi? Oggi facciamo una piccola indagine sui termini con cui definiamo il nostro cammino. Ognuno lo declina secondo la sua sensibilità e le sfumature sono infinite. Tuttavia, abbiamo solo le parole per esprimere il nostro pensiero, ed è quindi importante aver chiaro il loro significato. Vi invitiamo per questo a un esercizio semantico, per precisare qual è la vostra idea di cammino.

Le parole sono molte, e molto il tempo in cammino trascorso a riflettere, mettere ordine nei propri pensieri. Ecco alcune parole, che corrispondono ad altrettante categorie di camminatori, in vari momenti della nostra recente storia. I confini tra una e l’altra potranno essere anche sfumati, e inevitabilmente ci ritroveremo con i piedi in più d’una.

  • Escursionismo. Negli anni ‘70 e ‘80, quando molti di voi ancora non avevano mosso i primi passi, si camminava soprattutto in verticale, in montagna, con il pensiero fisso alla conquista della vetta, del rifugio, della polentata sociale alla fine della gita. Il termine è un po’ arido e poco evocativo. L’escursionista, poi, è il fratello pavido dell’alpinista, che osa di più e ha tecnica e competenza specifica. Attività: gita domenicale possibilmente in comitiva. Abbigliamento: maglione di lana, camicia a quadri, calzettoni rossi e scarponi massicci in cuoio indeformabile. 
Viandante o Pellegrino

Foto di Simon English da Unspalsh

Viandante o Pellegrino

Foto di Austin Ban da Unsplash

  • Il trekking. Negli anni ‘80 imperversa l’anglofonia. Cose che si erano sempre fatte prendono nomi nuovi. Il trekking – termine decisamente cacofonico, diciamolo -, viene in realtà dal neerlandese (in inglese il termine più diffuso è hiking) e in particolare dal Sud Africa: è il viaggio in autosufficienza dei coloni boeri, con carri e masserizie. In terra italica perde qualche pezzo e va a definire una disciplina in grande espansione: il viaggio a piedi di più giorni, da rifugio a rifugio, ancora una volta in montagna. Nascono in questi anni alcuni lunghi percorsi, tra cui le alte vie sulle Alpi e il Sentiero Italia, per citare solo i più noti. Abbigliamento: accostamento di colori sgargianti, primi materiali tecnici e le innovative e leggere “pedule” in cordura. Attività: fuga dalla civiltà delle macchine e ricerca di ambienti naturali incontaminati.
  • Backpacking. Pratica connaturata al popolo del Nord America, che ha a disposizione i grandi spazi della wilderness e immensi parchi nazionali. Prevede la totale autosufficienza per più giorni, con tenda, derrate alimentari, attrezzatura per cucinare e canna da pesca o fucile da caccia. Vince chi riesce a catturare il salmone a mani nude. Bisogna essere preparati all’incontro con il grizzly. Non ha avuto grande seguito in Italia, dove il campeggio libero è quasi ovunque vietato e scarseggiano salmoni e grizzly.
  • Pellegrinaggio e cammini. Qui possiamo vantare una grande tradizione. Il pellegrino antico, quello dell’anno mille, faceva testamento, metteva in conto un paio di anni di viaggio durissimo, per raggiungere a piedi (ma anche a dorso di mulo o cavallo) i principali luoghi della devozione: le tombe di apostoli e martiri e la Terrasanta. Dimenticato per almeno 500 anni, torna in gran voga a partire dagli anni ‘90 con il Cammino di Santiago. Il nuovo secolo vede l’esplosione di nuovi cammini, titolati a santi più o meno noti. Quella che si mette in cammino è davvero una moltitudine, che raramente però lo fa con una motivazione esclusivamente religiosa. I puristi del capo tecnico definirebbero il loro abbigliamento quantomeno raffazzonato, poco attento alla qualità. Ma cosa differenzia il pellegrino e camminatore di oggi, da chi già camminava trenta o quaranta anni fa?
Viandante o Pellegrino

Foto di Damien DUFOUR Photographie da Unsplash

Viandante o Pellegrino

Foto di Ted Bryan Yu da Unsplash

  • Viandanza. La parola più bella l’ha inventata un poeta, Luigi Nacci, ed è forse quella che meglio risponde alla domanda e spiega la smania che abbiamo di chiudere una porta dietro alle nostre spalle e incamminarci verso una meta altamente simbolica. Il viaggio, per questo, è anche interiore, ed è l’intenzione, il voto fatto a se stessi che distingue il cammino di oggi da quello sportivo ed edonistico del trekking. Ci si mette in cammino per i motivi più diversi, dalla perdita di una persona cara, alla fine di una storia sentimentale, all’imprevisto della disoccupazione o alla svolta del sopraggiungimento dell’età pensionabile. Ognuno avrà il suo, simbolicamente rappresentato dal sasso lasciato ai piedi di una cappelletta votiva o a un bivio, o in un punto di particolare suggestione e bellezza: è un peso che ci grava sul cuore, o sulla coscienza, che il cammino aiuta a sciogliere. Ci mettiamo in cammino perché il nostro andare per la via della vita diventi una danza leggera.

Ora è più chiara la differenza tra viandante e pellegrino? Tu in che definizione ti ritrovi di più? Lasciaci un commento!

Roberta Ferraris

ROBERTA FERRARIS

Nata in vista del Monte Rosa, ha mosso i primi passi saltando di sasso in sasso lungo le sponde del fiume Sesia.
I suoi studi sono stati intensi ma irregolari, tra Italia e Stati Uniti. Ha fatto lunghi viaggi a piedi soprattutto in Italia.
Grazie alla conoscenza capillare del territorio collabora dal 1994 per vari editori e con Touring Editore dal 1999. È autrice di numerose guide turistiche ed escursionistiche e di racconti di viaggio.
Ha scritto anche di cucina e di stili di vita sostenibili. Contribuisce ai suoi lavori editoriali anche con foto e illustrazioni botaniche. Dal 2014 è guida ambientale escursionistica della Regione Piemonte e accompagna gruppi in prevalenza stranieri, a conoscere luoghi e cultura del nostro paese. Vive in Alta Langa, in una cascina isolata in collina.

Leggi tutti i suoi articoli.