Diari
09 Jun 2025

Gabriele cammina il Salento: tra storie, incontri e orizzonti

Gabriele ci racconta il suo nuovo cammino nel sud della Puglia, il Cammino del Salento con lo sguardo di chi non cerca imprese, ma dettagli. Partito dal Veneto con la curiosità di chi ha ascoltato mille volte i racconti degli altri, percorrerà in cinque tappe questa lingua di terra protesa nel mare, attraversando paesaggi che cambiano con discrezione, tra masserie in rovina, scogliere che sembrano plastici in miniatura, paesini in festa e silenzi interrotti dal vento. Il suo cammino è fatto di incontri casuali, pensieri a margine, cibi condivisi e piccole rivelazioni. Un diario a passo umano, dove ogni deviazione e ogni pausa diventano parte del racconto.

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Quello che sto per raccontare è un cammino alla scoperta di un pezzo d’Italia, uno dei più remoti, una penisola nella penisola. Si chiama Salento. È talmente lontano dalla mia terra, il Veneto, che pare un miraggio all’orizzonte. Eppure, mi è stato raccontato mille volte dai vacanzieri di ritorno: esiste davvero, e d’estate è traboccante di vita, tra scogliere assolate e teli mare che ricoprono ogni spazio disponibile. Dopo anni di racconti decido che è il momento di vederlo coi miei occhi.

Percorrere il Salento in primavera è un privilegio. Significa vivere questa terra prima che l’estate la travolga, coglierla nel suo equilibrio più autentico. L’itinerario, articolato in cinque tappe ben bilanciate e mai troppo impegnative, accompagna il camminatore attraverso una straordinaria sequenza di luoghi, tra mete celebri e angoli nascosti, riservando non pochi colpi di scena. Come nei migliori film.

Tappa 01: Lecce – San Foca

Si esce da Lecce come da ogni città: su strade asfaltate di periferia. La natura però sembra non starci: è primavera, sa che è il suo turno, il suo momento di gloria come attrice protagonista. Ed è così che il bordo strada trabocca di fiori con una varietà cromatica a cui non sono abituato. Oltre il ciglio della strada i campi sono punteggiati da masserie, a volte conservate, a volte in rovina. Ne osservo una da distante, immaginando di ristrutturarla e ridarle vita come nel film “Noi e la Giulia”. Che ci volete fare: deformazione professionale.

Masserie tra Lecce ed Acaya

Lungo la strada, camminatori e camminatrici si inseguono a passo spedito. È con alcuni di loro che scopro il borgo di Acaya e bevo il primo caffè leccese. Acaya è un luogo magico, una cittadella fortificata con un cortile fuori dal tempo. Sui bastioni campeggia uno stemma, lo stesso che la barista ci imprime sul Passaporto del Pellegrino.

Dopo una pausa, il cammino prosegue e l’asfalto cede il passo a un sentiero sterrato, circondato da ulivi e qualche eucalipto. Mi accorgo che gli ulivi hanno un aspetto da sopravvissuti. Forse un incendio? La famosa Xylella? Eppure, anche se un po’ acciaccati, conservano il loro fascino. Proseguo il percorso, che digrada dolcemente verso la costa. Non manca molto e, ad un tratto, ecco finalmente il mare! Il colore blu cobalto che contrasta con la sabbia bianco-grigiastra della costa. Il vento soffia deciso, e ne approfittano gli appassionati del windsurf. Sarà forse l’euforia di un veneto di fronte al mare della Puglia ma tutto d’un tratto mi sembra di trovarmi su una remota spiaggia australiana.

Il cammino prosegue lungo la costa, sotto il caldo del sole e la brezza del vento. Avvicinandosi a San Foca, la sabbia cede il passo a una scogliera bassa che ricorda un plastico in scala 1:10. Camminando come giganti lungo queste formazioni rocciose in miniatura, si giunge infine a San Foca. Dopo l’asfalto e la sabbia è il momento di godersi il meritato riposo pomeridiano.

La sera raggiungo il centro del paese. San Foca è una piccola località di mare in cui non manca niente se non forse una vera piazza. Ma alla fine, è la gente che crea la piazza: camminatori e turisti si ritrovano nei bar vicino al crocevia principale, dove l’aperitivo è il momento perfetto per scambiarsi qualche parola sulla Tappa appena conclusa. E l’aperitivo diventa presto cena, e mi ritrovo al tavolo con altri pellegrini che condividono con me la meta. Al menù di mare si aggiunge il must locale “fave e cicoria”.

E mentre ci godiamo la gastronomia salentina, ecco un fuori menù: il gestore del ristorante illustra a tutti i commensali i primi chilometri della tappa successiva. Per farlo utilizza una fotografia panoramica che occupa l’intero lato lungo della stanza, illuminata dal basso con effetto scenografico. Aiutato da una stecca come puntatore, ci introduce alla seconda tappa con la stessa verve di un guru della tecnologia americano che illustra il prodotto dell’anno. Lì, ascoltandolo, capisco di essere nel posto giusto.

Consiglio del giorno: fare rifornimento di cibo a San Foca. La tappa successiva offre pochi punti di approvvigionamento.

Gabriele sta percorrendo la Via del Mare. Sapevi che esisteva anche la Via dei Borghi?

Tappa 02: San Foca – Otranto

La seconda tappa, sviluppata lungo la costa, non sembra iniziare secondo i migliori auspici: il cielo velato minaccia pioggia e in parte rovina la visita alla grotta della poesia, una piscina naturale a un passo dal mare, uno specchio d’acqua azzurra nel bel mezzo della scogliera ocra. Marco racconta che, da bambino, veniva qui in vacanza e che era del tutto normale scendere lungo la scala scolpita nella pietra per tuffarsi in acqua.

La famosa grotta della poesia

Come spesso accade, le delusioni sono l’anticamera per la soprese più incredibili. Arrivato via mare a Torre dell’Orso, scopro uno dei luoghi più affascinanti della Puglia, una sequenza di scogliere a picco bordate da fiori gialli su un mare azzurrissimo che non ha bisogno di filtri Instagram. La versione mediterranea delle celebri Cliff of Moher irlandesi. Il colore dell’acqua è identico a quello della mia maglietta, che ho ricevuto al Festival dei Cammini 2025.

Il mio passo rallenta, la frequenza delle fotografie aumenta. Capisco che il luogo è speciale anche dalla presenza di turisti giunti lì appositamente per ammirare i faraglioni di Sant’Andrea. Molti, ma probabilmente pochi rispetto a quelli che vi si trovano d’estate.

I faraglioni di Sant’Andrea

È tardi, bisogna ripartire e salutare questo paradiso. Il percorso prosegue lungo un’infinita spiaggia di sabbia dorata fino ai laghi Alimini. Lì ritrovo Marco che, incurante del vento sferzante e dell’acqua gelida, ha appena improvvisato un bagno, e Franca, che si riposa all’ombra di un chiosco ancora assopito in attesa dell’estate. La mia pausa è breve, punto con decisione verso Otranto, seguendo la costa tra sentieri e pinete. Per un tratto il percorso si snoda attorno ad un villaggio turistico, poi si tramuta in paesaggio agricolo.

Il paesaggio agricolo si trasforma in città, una città vivace e affollata. Improvvisamente, la cortina delle case periferiche si schiude davanti a me, rivelando un panorama straordinario: la chiesa in pietra della Madonna dell’Altomare alla mia sinistra, la spiaggia dei gradoni in basso e il centro storico arroccato di fronte in lontananza. Otranto è una città fortificata affacciata sul mare, proprio come la King’s Landing di Game of Thrones.

“O di Otranto”, recita lo spelling italiano. In effetti Otranto può essere solo una “O”, così racchiusa dalle mura, costruite come baluardo contro gli ottomani. All’interno, la vita scorre, simboleggiata dall’Albero della Vita, rappresentato nel mosaico sul pavimento della cattedrale.

Consiglio del giorno: assaporare il vino e i prodotti tipici nel cuore del centro storico. Vi sembrerà di trovarvi su un’isola greca o forse in Marocco.

Tappa 03: Otranto – Santa Cesarea Terme

Il cammino riparte da Otranto in leggera salita lungo un promontorio panoramico che conduce a una prima torre di avvistamento. Lo sguardo salta dalle viste mozzafiato sul mare alla macchia mediterranea, ma qualcosa attira la mia attenzione a terra, sul sentiero. Sassolini rossastri dalla forma pseudosphèrica costellano il percorso. Mi ritrovo a seguirli, quasi fossero le tracce lasciate da Pollicino, e presto capisco che anticipano la celebre cava di bauxite di Otranto.

Cava di Bauxite

La cava dismessa di bauxite con il suo laghetto verde smeraldo e le sponde di terra rossa è una star dei social. La curiosità è tanta, la paura che la realtà possa tradire le aspettative ancora di più. Assieme a Clara mi avvicino a questo cratere artificiale. Lì di sassolini ce n’è un’infinità: fuochino! Risaliamo un pendio e accediamo alla cava: fuoco! Fuoco è anche il colore della cava. Anche senza filtri il luogo è magico e tanti sono i turisti calamitati da questa attrazione. Mi faccio scattare una foto mimetica con la mia maglia odierna, color salmone.

Si riparte lungo spiagge e promontori fino alla torre di avvistamento di Sant’Emiliano. Mi concedo una pausa. Da qui la vista spazia a 360° tra la costa e i campi dell’entroterra perimetrati da muretti a secco. Quando riprendo il percorso il cielo si fa fosco. Guardo indietro la sagoma della torre sul dolce profilo del promontorio sotto il cielo ceruleo, dietro una distesa di vegetazione e qualche masso gigante. Mi trovo sulle Highlands scozzesi?

Vista sulla torre di Sant’Emiliano

C’è ancora molta strada da percorrere tra scorci marini e alberi piegati dal vento quando finalmente raggiungo Santa Cesarea Terme dove ritrovo Franca, intenta a contattare l’alloggio. Oggi ci aspetta una sistemazione singolare: la casa canonica. E mentre aspettiamo sul sagrato, arriva l’incaricato del parroco, Salvatore Giovanni detto mister Ninì, che ci accoglie narrandoci la storia del luogo.

Che non si trattasse della solita località di mare si era capito già dalle architetture bianche con forme orientaleggianti e ce lo conferma mister Ninì: il paese ha vissuto un’epoca d’oro come casinò e località termale e ora si sta reinventando. Potrà il cammino del salento fare la differenza? Nel frattempo, attendiamo la prossima apertura delle grotte con acqua sulfurea di cui mister Ninì ci parla con passione.

Consiglio del giorno: arrivare per tempo a Santa Cesarea, altrimenti potreste trovarvi a dormire sul letto più cigolante della canonica.

Tappa 04: Santa Cesarea Terme – Marina Serra/Tricase

Percorro la quarta tappa il 25 aprile. Dopo aver risalito un primo tratto di strada costiera asfaltata leggo una scritta che recita “Siamo le onde di un grande mare”. Il miglior sottotitolo (inconsapevole) per la ricorrenza di oggi. La strada che sto percorrendo conduce al paese di Castro. Imbocco il viale principale e mi ritrovo davanti una folla ordinata ed elegantissima: è una processione, con tanto di banda. Mi rendo conto che sono l’unico in abbigliamento sportivo e l’unico a percorrere la strada in quel verso. Non mi resta che fermarmi ad osservare la scena. Quando finalmente entro in paese tutto diventa chiaro perché il borgo è invaso di luminarie. Sono arrivato nel giorno della festa patronale!

Festa cittadina a Castro

Sosto nella piazza principale, stretta tra la terrazza sul mare e i bastioni del castello: il nome “Castro” non tradisce le aspettative. In piazza arrivano alla spicciolata tutti i pellegrini che stanno percorrendo il cammino del Salento: sono decine. Tra questi Claudia, che avanza stoica nonostante due giorni di nausea per un cibo non ben identificato. Forte del suo sapere medico, ha provato a curarsi con la Coca Cola ma non ce l’ha fatta, perciò ora sta cercando dell’Imodium.

Il percorso prosegue in discesa fino alla Cala dell’Acquaviva, una spiaggia dall’acqua azzurra e, si dice, gelida tanto d’inverno e quanto d’estate. Immergo i piedi in acqua per verificare: confermo. È poi il momento del pranzo. Brindiamo: io ho uno spritz, Claudia una borraccia con acqua al retrogusto di Imodium.

Dopo pranzo si procede in mezzo alla campagna costiera salentina dove la natura è protagonista. Usando una app facciamo conoscenza con la flora locale e i suoi simpatici nomi. Proseguendo, un abitante del luogo ci parla anche della Quercia Vallonea, una pianta pluricentenaria rarissima. Vorremmo raggiungerla ma le distanze ce lo impediscono.

In questa Tappa sono costretto ad una deviazione per carenza di alloggi a Marina Serra, e come me molti. Dovremo dormire a Tricase: salto ahimè le piscine naturali di Marina Serra ma scopro un borgo dell’entroterra vivace con le sembianze di una piccola Lecce.

Consiglio del giorno: se volete alloggiare a Marina Serra prenotate mesi prima, specialmente in prossimità delle festività.

Tappa 05: Tricase – Santa Maria di Leuca

Dopo quattro giorni di sole e vento è il momento di indossare la giacca impermeabile. Quasi mi dispiaceva non aver sfruttato tutto il bagaglio. Eccomi accontentato: dopo aver attraversato la piazza di Corsano, assolata e coperta solo da una tenda di ricami colorati, ecco che a coprirsi è il cielo. E subito il sole diventa pioggia. E la pioggia diventa un torrente sulla strada in discesa che conduce verso il lido di Novaglie.

Ma quando sono ormai rassegnato a bagnarmi da capo a piedi, vedo Benedetto e la sua compagna che si riparano sotto il balcone di una casa in costruzione, con il benestare degli operai che vi lavorano. Li imito e scherziamo sull’idea di pranzare nel salotto in costruzione. Assieme ad altri camminatori decido di ripartire sotto la pioggia, ma dopo pochi metri si materializza un ristorante sul percorso, come fosse un’oasi ma al contrario: asciutta.

Dopo pranzo, l’itinerario prosegue in salita in direzione della grotta delle Cipolliane. Per arrivarci è necessario deviare su un sentiero impervio. E mentre decidiamo se lasciare lo zaino, mi accorgo di aver dimenticato i bastoncini da trekking al ristorante. Ed ecco il vero bivio: scendo con alle Cipolliane con gli altri camminatori o vado a recuperare i bastoncini con cui ho percorso tutti i miei cammini dal 2018? Scelgo la compagnia e scendiamo.

Grotta delle cipolliane

La grotta ha pareti istoriate di conchiglie fossili e una grande apertura che incornicia il mare. Tutti ci sediamo a contemplarlo e scattiamo foto controluce delle nostre sagome su un masso in posizione panoramica. Silenzio. Sofia lancia una domanda metafisica: “Perché l’uomo è così attratto dall’acqua?”. Giusto il tempo di raccogliere qualche risposta ed è ora di ripartire.

Il percorso dopo le Cipolliane continua panoramico e impegnativo fino al Ciolo, dove un ponte ad arco in cemento armato valica un’insenatura, meta di tuffi estremi che mi vengono confermati dal barista. Dal Ciolo il percorso procede in salita. Qui incontro una coppia in senso opposto e lei, indicando lui, mi dice: “è tutto il giorno che mi dice quanto è bella e unica la sua maglietta, la stessa che hai tu”. Guardo la mia t-shirt, oggi verde, e proseguo ridendo.

Il cammino si conclude con un morbido percorso nella campagna, per giungere, attraverso il porto, a Santa Maria di Leuca. Lì ci aspetta l’ultima fatica: la scalinata di 283 gradini (dicono) che porta al santuario. In cima, una vasta piazza con l’obelisco al centro. Come quinta, la chiesa di Santa Maria de Finibus Terrae e una sequenza di archi. È il momento dell’ultimo timbro e delle foto di gruppo. Ci sono Marco, Claudia, Franca, Clara, Sofia, Benedetto e la sua compagna. Il giallo della pietra pugliese. L’azzurro del cielo. Il bianco del faro. Bianco come il colore che dà il nome a questa parte di mondo dove la terra finisce.

L’arrivo in piazza a Santa Maria di Leuca, con il celebre faro

Consiglio del giorno: se volete il Testimonium ricordatevi di prenotarlo. Ma potete anche farne a meno perché, come per le bacchette da trekking, ci sono cose più importanti.

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Article by
Gabriele Barison

Dittatore in testa e partigiano dentro al cuore
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