Diari
14 Ott 2024

Diario del Cammino della Sibilla: un cammino d’acqua… e di persone

Non ero pronto ad un cammino così. Eppure mi ero preparato, giuro. Avevo anche studiato. La lontana Sibilla sarebbe stata un po’ il mio banco di prova dopo aver marciato e scritto di cose vicine a casa. Delle mie terre. Delle mie genti. Delle mie passioni e delle mie geometrie.

Stavolta però la missione era diversa. Era innanzitutto rimanere fuori per qualche giorno. E chi mi conosce sa bene che la famiglia non la mollo con piacere, e con lei neanche gli animali e il giardino. Era dormire lontano dal mio letto, perciò. Era andare a raccontare di faccende che non mi appartenevano. Di volti inediti. 

Era una bella sfida, insomma, ed io mi ero preparato. Ma a quanto pare non del tutto.

Il filo conduttore della guida sarebbe stato l’elemento acqua. Questo era già deciso. Il Velino, il Turano, l’Aniene. Fiumi e laghi. Ruscelli, fontane, fontanili e fontanelle. Senza mai toccare, seppur vedendola all’orizzonte, l’acqua salata. Il mare. Una questione interna su fluide aree interne perciò. E a tutto questo mi ero preparato a dovere. Ma…

Ma non avrei mai pensato di imbattermi in un cammino che mi ha travolto nell’ospitalità. Nei sorrisi. Nelle facce. Nella generosità. Nella compagnia. Ecco, se devo pensare a una foto la mia Sibilla è stata proprio questa. Un cammino fatto di persone. Di persone e di acqua. “Di passi e di acqua”, come poi si chiamerà la guida. E spero che sarà così anche per chi camminerà dopo di me. 

Andiamo per ordine.

Tappa 01 | Rieti – Rocca Sinibalda

La Sibilla parte dall’ombelico d’Italia. Piazza San Rufo, Rieti. Si lascia la città con facilità e ci si ritrova subito tra ponti, torrenti e stabilimenti che imbottigliano acqua. Manco a dirlo. Si prosegue per un paio di lunghi viali verdi, buoni per dimenticare la routine. E ci si ficca nel bosco. Dal nulla compaiono così quattro chilometri (quattro) di muro. Un salitone che porta a Belmonte, il paesino dei pensionati che aspettano la posta. Della signora olandese che aspetta i viandanti. Dei monti che aspettano la neve. Della tramontana e delle panchine che non aspettano nessuno in particolare. 

Da Belmonte a Rocca Sinibalda è poi un attimo. Lì, almeno per me, il ricordo è nel castello aperto per via del servizio Rai (che culo) e nel convento adibito a dormitorio che gestisce Vittorio. Vittorio ha una bella storia da raccontare. La sua. Chiedete e ascoltate.

Tappa 02 | Rocca Sinibalda – Castel di Tora 

Sarebbe giusto parlare del tracciato. Ma poi se arrivi a Posticciola è praticamente inutile ogni altro discorso. Posticciola è tipo “Truman show”, il paese perfetto. Ma questo rispetto a quello del film è pure vero. Autentico. Gli abitanti non sono comparse, e quando Posticciola stava per scomparire divorata dai morsi della crisi, l’hanno risollevata loro a suon di volontariato. E adesso gira il turismo che è una bellezza e il buonumore non manca più a nessuno. 

Sorvolandola, Posticciola, ma metà giornata ci si imbatte poi nel lago, il lago del Turano. Che è un gioiello. Arrivati a Castel di Tora invece si va a mangiare da Viola, che decide lei per tutti, ma alla fine accontenta ogni palato. E poi c’è Ilaria. Siciliana, trottolina per mezzo mondo, che ha scelto Castel di Tora per fermarsi. È giovane, fa la guida e ha un negozietto dove vende e dispensa anche consulenze e suggerimenti. È piena di amici e di entusiasmo, e guarda al futuro con serenità. A valle si incontra inoltre Maria, che a casa sua fa dormire i pellegrini. Maria è una forza della natura. Maneggia con cura un lievito madre senza tempo e nel cuore ha quarant’anni di fuoco acceso del suo forno. Maria è un miracolo vivente.

Tappa 03 | Castel di Tora – Orvinio

Quando lasci Castel di Tora, nemmeno hai finito di attraversare quel ponte che già ti manca. Saranno utili quindi quei cinque chilometri netti di salita per dimenticare tutto. Anche di avere un fisico decente. O un cognome. Lassù, però, il lago diventa piccolo e il mondo un bel posto da visitare. E dietro l’angolo spunta Pozzaglia. Dove al bar si sta comodi e dove si può leggere un libro intero, tanta è la pace. Io lo ho fatto, mi sono letto Marziani, ed è stato un vero lusso. Sotto Pozzaglia regna la piana delle vacche libere, e sopra Orvinio. A Orvinio Maurizio e Simonetta sono gli hospitaleros più belli che ci siano. Lei hai il sorriso di una mamma. Lui ascolta disponibile e regista sornione. E la mattina al forno di Orvinio, minuscolo, sfornano la pizza più goduriosa del pianeta.

Tappa 04 | Orvinio – Licenza

Questa tappa è diversa dalla altre. Non così difficile ma comunque si sale molto, sempre. Si ha la sensazione di stare e di andare in montagna sin dal primo passo. E la natura si fa più fitta, più forte. È una tappa intima, da condividere soprattutto con se stessi. E quando uno giunge a Licenza ad aspettarlo ci sta Enrico, che è l’anima buona del paese. Il tuttofare. Enrico ti porta a dormire in Foresteria. Enrico viene a cena con te. E non siete solo voi, nel mio caso si sono aggiunte anche altre due presenze fondamentali: gli Andrea. Uno mi ha chiamato e raggiunto che ero nei pressi di una cascata rigenerante. Fa la guida (pure lui), ha due cognomi, e gironzolava in zona. Ci siamo così finalmente incontrati a tavola dopo tanto sentirci al telefono. L’altro Andrea è invece un ragazzo di Imola, partito solo, felice di non esserci arrivato. Di lui conserverò non un ricordo ma un’amicizia. Vera e futuribile.

Tappa 05 | Licenza – San Polo dei Cavalieri 

Salutato Enrico, che in pratica vive in piazza a disposizione di chi ha bisogno (è tipo il sindaco del popolo), la tappa si snoda su chilometri non facili e scenari galattici. Lunari. Ma niente spoiler. Ad Andrea di Imola si è aggiunto Antimo, quello che poi la Sibilla se l’è inventata e costruita. Con la scusa di accompagnarmi è venuto anche lui, che aveva voglia di camminare e sapere cosa ne pensavano del suo prodotto. Della sua creatura. Con Antimo siamo arrivati a San Polo dei Cavalieri. Un nome così lungo che mi ha ricordato Villa San Giovanni in Tuscia, col suo (e mio) Cammino dei tre villaggi. E siamo anche andati a mangiare insieme alla sua famiglia, che ci ha raggiunti. E c’era pure un tale Daniele, simpatico, che dormiva dove dormivo io, ma diretto in direzione contraria sulla Via dei lupi. Mi pareva brutto non invitarlo, ha condiviso volentieri il pasto con noi.

Tappa 06 | San Polo dei Cavalieri -Tivoli 

Prima di partire ho portato a fare colazione con me Andrea, quello di Imola. Che poi fa il giardiniere forestale e conosce tutte le piante del mondo. Daniele invece era già andato, che lui è uno preciso. In realtà lo aveva invitato Valentina ad Andrea, la proprietaria del castello dove mi sono fermato. Abbiamo parlato del più e del meno con lei e a marce ridotte ci siamo mangiati il buffet di un matrimonio. È arrivato poi anche Antimo (e che fai, ti perdi il finale?). E così i tre improbabili si sono ritrovati di nuovo assieme in direzione Tivoli, in una tappa veloce, perfetta se si deve subito tirar via. Niente anticipazioni manco qui, sennò non avrebbe senso. Dell’arrivo però voglio ricordare il saluto commosso con Andrea, con la certezza che ci si rivedrà, magari anche camminando. E l’incontro con Florinda, la bella donna di Antimo, che mi ha portato a mangiare le fettuccine a casa della madre. Con gatti, cani e parenti. Una bella squadretta.

Ecco. Questa è stata la mia Sibilla. Un cammino fatto di persone. Di belle persone. E forse non è un caso che dopo le fettuccine (la carne, le patate, i dolci, il caffè…) sono scappato via di corsa, ancora sporco e stanco, e sono tornato a casa dalla famiglia con un giorno di anticipo. Dai miei cari, già. Altre facce, più familiari. Quelle delle persone che ogni volta che indosso gli scarponi e prendo carta e penna danno un senso ai miei passi. Alla mia vita tutta.


Stefano Mecorio

Articolo di
Stefano Mecorio

Frantoiano, camminante, scrittore di guide sentimentali