I Suoni delle Dolomiti: quando la musica incontra la montagna
Ci sono esperienze che lasciano il segno, e poi ci sono avventure che ti cambiano per sempre. Il nostro viaggio a piedi per il festival I Suoni delle Dolomiti è stata una di quelle avventure che, mentre le vivi, capisci che nulla sarà più come prima. Insieme a Trentino Marketing, abbiamo avuto l’opportunità di documentare un festival che fonde arte e natura, portandoci a stretto contatto con l’anima delle Dolomiti.
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In tre giorni di trekking tra le maestose Pale di San Martino, abbiamo scoperto cosa significa davvero vivere la montagna. Non si tratta solo di camminare in scenari mozzafiato, ma di immergersi in un ritmo più lento, quello dei propri passi, in cui la fatica diventa una porta d’accesso a qualcosa di più profondo. La montagna ci ha ricordato la nostra fragilità, ma anche la capacità di ritrovare una sintonia con la natura, con noi stessi e, in questo caso, con la musica.
La magia de “I Suoni delle Dolomiti”
Il festival I Suoni delle Dolomiti è un’esperienza che difficilmente si può spiegare a parole. Immaginatevi a 2.000 metri di altitudine, circondati da vette imponenti, dove l’eco delle voci e degli strumenti non ha confini. È un festival che celebra l’unione tra la musica e il paesaggio, un connubio così naturale che sembra quasi impossibile pensare a una montagna senza le sue melodie.
Durante il nostro trekking, abbiamo assistito a un concerto unico: la voce e la chitarra di Pietro Brunello e Alessandro ‘Asso’ Stefana, accompagnati dalle melodie evocative del violoncello di Mario Brunello. La loro musica non era solo una colonna sonora, ma una vera e propria estensione del paesaggio. Le note si fondevano con il vento che accarezzava le pareti rocciose, creando un’esperienza sensoriale e spirituale. La montagna, come un gigantesco anfiteatro, ha amplificato ogni emozione, portandoci a riflettere su quanto siamo piccoli di fronte alla grandezza della natura.
Giorno 00
Dopo un lungo viaggio, finalmente siamo arrivati a Trento, pronti per immergerci nella natura incontaminata del Trentino. Da lì, ci siamo diretti verso est, in direzione del Parco Naturale di Paneveggio, situato a pochi chilometri da Predazzo, nel cuore della Val di Fiemme. Un luogo che, già solo dal nome, promette meraviglie.
Abbiamo iniziato la nostra esplorazione con un breve ma suggestivo sentiero natura, che ci ha permesso di scoprire le particolarità di questa porzione di Dolomiti. Qui, il pino cembro e il pino mugo crescono tra i più noti abeti rossi, alberi iconici del Trentino che purtroppo stanno perdendo la loro battaglia contro il bostrico, un piccolo coleottero, capace di sterminare intere foreste.
Alla fine del sentiero, ci siamo fermati in un’area di recupero per cervi, un progetto di conservazione che ci ha fatto capire quanto sia importante proteggere questi splendidi animali e il loro habitat. Ma la nostra avventura non era ancora finita. Proseguendo verso San Martino di Castrozza, abbiamo raggiunto la nostra meta finale, l’accogliente Hotel Savoia, dove ci siamo riposati, pronti a vivere al meglio i giorni successivi di trekking e musica.
Giorno 01
Sveglia all’alba, check rapido dello zaino e via, pronti per affrontare la nostra avventura! Appena usciamo sul balcone del nostro hotel, veniamo letteralmente catturati dall’imponenza delle Pale di San Martino, che si stagliano contro il cielo come giganti silenziosi. È uno spettacolo che lascia senza fiato e che fa battere forte il cuore per l’emozione. Ci dirigiamo verso il punto di ritrovo per partire in direzione di Malga Fosse di Sopra, a pochi chilometri da San Martino di Castrozza. È qui che inizia il nostro trekking nell’ambito del festival I Suoni delle Dolomiti.
Imbocchiamo il Finanzieri. La salita è impegnativa, ma non eccessiva, permettendoci di godere pienamente del panorama che ci circonda. Dopo i primi chilometri, ci fermiamo in una radura che sembra uscita da un quadro: le cime del Lagorai e le Pale di San Martino dominano il paesaggio, mentre le valli sottostanti si aprono in un’incredibile vista che sembra abbracciare l’infinito. È qui che inizia la vera magia.
I musicisti, immersi nello stesso ambiente selvaggio e puro, iniziano a suonare melodie che ci trasportano lontano, verso le Badlands americane. I suoni delle chitarre e del violoncello creano un’atmosfera intima, quasi irreale. Passiamo da Bob Dylan a Bruce Springsteen, mentre ascoltiamo storie e aneddoti della vita americana di quegli anni, storie di speranza e sogni, che si fondono perfettamente con l’ambiente naturale che ci circonda. La musica sembra fare parte di quel luogo, come se le montagne stesse avessero atteso quel momento per risuonare in armonia con le note.
Proseguiamo la nostra salita, ma il tempo comincia a cambiare. Le nuvole si addensano e poco dopo inizia a piovere incessantemente. È una pioggia fitta, che ci bagna dalla testa ai piedi, rendendo il cammino più faticoso, ma non meno affascinante. Arriviamo finalmente al Rifugio Rosetta, ed è stato come trovare un’oasi nel deserto.
Il Rifugio Rosetta è un luogo accogliente, situato in una posizione privilegiata, che offre una vista impareggiabile sulle Dolomiti circostanti. Nonostante l’aspetto spartano tipico dei rifugi d’alta montagna, ci accoglie con un calore che ci rimette al mondo. Entriamo fradici, stanchi, ma felici. Il rifugio è semplice ma dotato di tutto il necessario: tavoloni in legno, una stufa accesa, il rumore della pioggia che batte contro le finestre. Ci cambiamo in fretta, stendiamo i vestiti ad asciugare e ci sediamo con una tazza di tè caldo tra le mani. È un momento di pura gratitudine, un rifugio non solo fisico ma anche emotivo, che ci dà la forza per affrontare il resto della giornata.
Quel rifugio, con la sua semplicità e il suo calore, ci ha permesso di recuperare le energie, di fare il punto e prepararci a vivere il resto dell’avventura.
Giorno 02
Il meteo non è dalla nostra parte. I piani originali vengono stravolti e la tappa prevista per il giorno viene accorciata di qualche chilometro per evitare il peggio. La prudenza in montagna non è mai troppa! La nostra meta? Il Rifugio Pradidali. Le previsioni non promettono bene: pioggia prevista per l’ora di pranzo. “Riusciremo a evitarla?” è la domanda che rimbalza fra i trenta partecipanti al trek, mentre ci prepariamo mentalmente alla salita.
Partiamo con passo deciso, risalendo l’incredibile altopiano delle Pale di San Martino, una vasta distesa di rocce che sembra sospesa tra cielo e terra. L’altopiano è un altrove quasi lunare, modellato da milioni di anni di erosione e movimento tettonico, con un’altitudine media che supera i 2.500 metri. È un territorio selvaggio e primordiale, uno spettacolo naturale che, per quanto aspro, affascina e cattura. La vista si apre maestosa, ed è impossibile non rimanere incantati dall’infinità delle montagne che ci circondano.
Raggiungiamo le pendici del ghiacciaio Fradusta, un tempo esteso per oltre 200 ettari. Ora è una versione ridotta di sé stesso, con meno di un ettaro rimasto. Un tempo considerato un vero e proprio ghiacciaio, oggi è poco più di una testimonianza fragile del cambiamento climatico che avanza inesorabile. Ci troviamo lì, circondati dalla malinconia che questo luogo porta con sé, riflettendo sul tempo che passa e sulla fragilità di questi luoghi.
proprio in questo momento che i musicisti, partecipanti al festival I Suoni delle Dolomiti, riprendono a suonare. Il vento gelido che soffia dalle vette e il freddo pungente rendono l’atmosfera ancora più intensa. Le note risuonano nell’aria, riempiendo lo spazio tra di noi e il Fradusta, e in quel momento tutto sembra avere senso. La musica, la montagna, il silenzio, il vento: tutto ci fa sentire piccoli ma incredibilmente vivi.
Dopo questo momento di pura emozione, riprendiamo la discesa verso il Rifugio Pradidali. Il cielo, però, non ci dà tregua: poche centinaia di metri prima dell’arrivo, il diluvio ci sorprende. La pioggia cade incessante e trasforma il sentiero in un percorso difficile e scivoloso. Il passo si fa lento e cauto, e ogni metro percorso diventa una piccola vittoria.
Arriviamo al Rifugio Pradidali completamente zuppi, ma con il cuore pieno di gratitudine. Ancora una volta, l’ospitalità dei rifugisti ci accoglie con calore. Una tè caldo tra le mani, cibo in abbondanza e un fuoco acceso ci fanno dimenticare in fretta il freddo e la fatica. Come se non bastasse, la musica non si ferma. Il concerto continua all’interno del rifugio, riempiendo l’ambiente di armonie che riscaldano anche l’anima. La magia di I Suoni delle Dolomiti permea ogni angolo, trasformando il rifugio in un luogo di incontro e convivialità.
Giorno 03
Ultimo giorno di trekking. Le condizioni meteo ci costringono a rinunciare alla risalita verso il Passo di Ball. Decidiamo di seguire un sentiero alternativo che ci condurrà verso Cant del Gal. La discesa si prospetta lunga, con oltre 1.000 metri di dislivello negativo, ma le sorprese che ci regalerà il percorso ci ripagheranno ampiamente dello sforzo.
Fin dai primi passi, ci rendiamo conto che il sentiero ci riserverà degli scorci mozzafiato. Le pareti di roccia delle Pale di San Martino si ergono maestose sopra di noi, e la vista sulla valle sottostante è semplicemente indescrivibile. La discesa ci conduce attraverso un paesaggio selvaggio, avvolto in un’atmosfera quasi surreale. In questo contesto incredibile, abbiamo anche la fortuna di incontrare circa una decina di salamandre (Salamandra atra), creature rare e affascinanti che sembrano uscire dal nulla per attraversare il nostro cammino. È uno spettacolo che ci lascia tutti senza parole.
Man mano che scendiamo, l’atmosfera diventa sempre più suggestiva. Il sentiero si fa più stretto e ripido, e procediamo con attenzione, concentrati sui nostri passi. Arriviamo a un tratto attrezzato, che richiede un po’ di cautela e qualche abilità tecnica, ma lo affrontiamo senza problemi. È proprio in questi momenti che si sente la forza della natura che ci circonda e la connessione profonda che abbiamo stabilito con questo luogo durante questi giorni.
Al bivio, seguiamo il sentiero che piega a sinistra, portandoci sempre più vicini alla nostra meta: Cant del Gal. La stanchezza inizia a farsi sentire, ma sappiamo di essere ormai alla fine di questa incredibile avventura. Una volta arrivati, un transfer ci riporta a San Martino di Castrozza, dove tutto è cominciato.
La nostra avventura nelle Dolomiti si conclude qui, con il cuore pieno di gratitudine e la mente carica di ricordi indimenticabili. Trekking, musica, natura: un’esperienza unica che ci ha permesso di scoprire non solo le meraviglie di queste montagne, ma anche qualcosa di più profondo dentro di noi.