Cammino nelle Terre Mutate: il viaggio di Stefania tra le rovine e la speranza
C’è un cammino, nel centro Italia, che racconta più di un percorso fisico. È un viaggio nei luoghi dove la terra ha parlato con la sua forza, lasciando segni che il tempo fatica a cancellare. Stefania, un’appassionata camminatrice della community , ha intrapreso il Cammino nelle Terre Mutate, un itinerario che attraversa le ferite e le speranze di un’Italia colpita dal terremoto. In questo diario, Stefania non si limita a descrivere il paesaggio che cambia: ci porta con sé tra le macerie, le ricostruzioni e le storie di chi, come lei, cammina per non dimenticare. Il racconto non è solo di fatica, ma di incontri, di risate e di momenti che parlano di resilienza e rinascita. Se vuoi scoprire come un cammino può diventare un’esperienza che tocca l’anima e non solo le gambe, continua a leggere. Stefania ti guiderà, passo dopo passo, attraverso terre ferite e, allo stesso tempo, ancora piene di vita.
Se anche tu come hai voglia di condividere il tuo racconto di cammino, scrivici a info@camminiditalia.org: ti invieremo tutte le indicazioni per raccontare la tua avventura! E se preferisci un contatto diretto unisciti alla nostra Community su Facebook e condividi il tuo racconto con noi e altri appassionati.
E per non perderti lungo il tuo percorso, scarica l’app di Cammini d’Italia! Troverai tutte le tracce GPX dei principali cammini italiani e potrai navigare facilmente, anche offline. Scopri tutti i dettagli qui!
Introduzione
Rendere omaggio a una Terra profondamente ferita dalla violenza della natura, questo è il Cammino Nelle Terre Mutate (CTM). Eventi tragici, quelli che dal 2009 al 2017 hanno segnato il centro Italia cambiandone la storia, il territorio, la vita della sua gente. Il terremoto è entrato di prepotenza nella vita di queste persone. Si inciampa in cicatrici e ferite ancora aperte. Circa 250 km (divagazioni ed errori di percorso esclusi), 14 tappe, quattro regioni attraversate: Marche, Umbria, Lazio, Abruzzo, con la loro natura silenziosa e spesso selvaggia.
Il CTM è un itinerario che va affrontato con uno spirito diverso rispetto a quello che porta a percorrere le vie più note. Ci vogliono più attenzione e meno aspettative.Qui le strade sono meno battute e le accoglienze sono ancora lontane dallo stile modesto da pellegrino dei cammini più consolidati.
Il CTM è differente, ad esempio, per la credenziale, che c’è, ma i luoghi dove apporre i timbri non sono così numerosi, e in breve ti dimentichi di averla. Altro dettaglio, gente che fa i tuoi stessi passi, veramente poca, anzi no, a dir la verità non ho incontrato nessuno, nonostante fosse agosto. E poi, i cani maremmani: greggi ce ne sono tanti, e spesso senza pastore e quindi occorre sapere come comportarsi in caso di avvicinamento.
Per quanto riguarda il mio zaino, un primato personale: 5.5 kg, esclusa l’acqua. Ho pesato meticolosamente tutto, con l’ottima scelta di un nuovo zaino più leggero. Nei cammini estivi ho sempre indossato pantaloncini corti. In questo però, fin dal primo giorno, ho optato per il pantalone lungo. Chi mantiene i sentieri puliti sono i volontari (pochi) distribuiti nei 250 km, ma non è facile stare dietro alla natura che si prende i suoi spazi. Ricordo che questo è un cammino molto poco frequentato e quindi privo del continuo calpestio dei tracciati.
Se anche tu stai pensando di affrontare il tuo primo cammino, potresti trovarti davanti a sfide simili. Per questo motivo dai un’occhiata alla nostra Guida al primo cammino! Troverai consigli pratici su come scegliere l’attrezzatura, pianificare le tappe e affrontare i piccoli imprevisti!
Tappa 01: Fabriano – Matelica
28.5 km – 700 D+ / 670 D-
Arrivata in treno da Milano alle 5 del mattino, mi sono messa subito in cammino verso la piazza principale di Fabriano. Dopo 8 km arrivo all’eremo di San Silvestro. In poco più di due ore su carrozzabile deserta e silenziosa, incrociando il mio primo brivido con un gregge, giungo al borgo di Esanatoglia. Pausa ristoro e si riparte. Il sentiero è semplice e dopo 7 ore e mezza, arrivo a Matelica. Alloggio presso Hotel La Loggia. Il paese è fornito di tutto.
Tappa 02: Matelica – Camerino
23.5 km – 850 D+ / 600 D-
Uscendo da Matelica ci si immerge velocemente nella macchia vegetativa. Durante tutta la tappa nessun bar per ristoro. Si vede in lontananza Camerino, con tutte le gru della ricostruzione post sismica da poco iniziata. La salita, ultima e decisamente importante, che porta al centro di Camerino è “spezzagambe”. Poco prima di questa salita ho fatto la spesa, per poter usufruire della cucina della foresteria delle suore Clarisse che mi hanno ospitato a donativo. In centro palazzi nobiliari e chiese di notevole bellezza, ma attualmente un cantiere a cielo aperto.

Tappa 03: Camerino – Fiastra
22 km – 850 D+ / 730 D-
Ampia vegetazione e campi aperti lasciano alle spalle Camerino. Un sentiero stretto e fitto di piante di ginestre porta al lago di Polverina, ma il lago si vede poco. Poco dopo s’incontra un bar/alimentari dopo potersi rifornire. Seguendo i segnali per CTM e cammino dei Cappuccini, dopo tratto su asfalto, ci si introduce nel bosco. Portare attenzione alle indicazioni dei due cammini perché ad un certo punto si dividono.
Alcuni tratti del bosco possono essere fangosi se i giorni prima ha piovuto. Ogni rumore è possibilità di incontri inaspettati, e anche di possibile spavento. Arrivo a Fiastra, un paesino poco conosciuto, ma anch’esso duramente colpito dal sisma. Ho dormito al rifugio il Tribbio (prenotato con largo anticipo) che è anche ristorante, quindi per cena sono straordinariamente a posto.

Tappa 04: Fiastra – Ussita
19 km – 820 D+ / 880 D-
Il percorso ha inizio accanto al rifugio dove ho dormito. Chi ha tracciato il sentiero mi sa una simpatica canaglia: avrà preso un foglio bianco, un righello e tracciato una linea diritta. Si sale ripidamente per circa 2.5 km nel bosco. Il sentiero è molto bagnato ma percorribile nonostante il temporale di ieri sera. Le pendenze sono importanti, ma la vista che si apre sul lago ripaga degli sforzi.. Ci si immette in pieno in territori di montagna, dove i sentieri sono a mezza costa.
Dopo aver incrociato un gregge e il suo cane, per fortuna innocuo, arrivo alla carrozzabile. Nessun umano in giro. Superato un pascolo di mucche, 5 km e si arriva ad Ussita, dove i rumori delle ristrutturazioni “danno il loro particolare benvenuto”. Sosta al bar (Crystal), poco segnalato perché è in un container, ma al suo interno è veramente molto carino e arredato divinamente dalla proprietaria. In centro si trova una farmacia, un alimentari, una tabaccheria/bar ed anche un negozio di articoli sportivi. Al bar del paese si incontrano molti operai a fine turno che arrivano da svariate zone d’Italia, e, ascoltando involontariamente le loro telefonate, si percepisce la lontananza da casa e dai loro cari.

Oggi dormirò da una volontaria che si è carinamente offerta di ospitarmi, visto che è stato impossibile trovare altrove. Con lei ho affrontato a cuore aperto “Le Terre Mutate”. Ussita è stata l’epicentro delle scosse di fine ottobre 2016. I primi due anni li ha passati in un camper prestato dagli amici. Ora vive in una SAE (Soluzione Abitativa d’Emergenza), ormai da quasi 8 anni. Tra poco inizieranno i lavori di ristrutturazione della sua abitazione, e come dice lei la normalità avrà di nuovo un cambiamento. Nel frattempo lei non si è fatta mancare nulla, anche un tumore (e vedi che le connessioni con lei hanno una ragione). La tappa di oggi è stata “impegnativa” anche emotivamente direi.
Tappa 05: Visso – Campi
Visto il tempo avverso, le salite e le discese affrontate ieri, oggi ho deciso di farmi uno “sconticino” prendendo un passaggio col bus da Ussita a Visso, saltando così la prima salita e ridiscesa. Anche Visso ha evidentissimi segni del sisma. Il percorso passa accanto all’ufficio turismo e continua in direzione del bosco attraversando molte case in ri-costruzione. Si sale in una carrozzabile fino a che la vegetazione si apre su un pianoro di campi di grano. Si ridiscende poi su sentiero stretto e ghiaioso e a tratti ripido. Si arriva così a Campi e la prima struttura che si incontra è proprio “Fonte Antica” di Paolo, uno dei volontari del CTM. Il luogo è meraviglioso e l’ostello è a dir poco un gioiello. Vale veramente la pena sostare.

Tappa 06: Campi – Norcia
22 km – 910 D+ / 920 D-
A colazione (strepitosa) Paolo mi ha raccontato qualche aneddoto personale, di Campi (la parte vecchia è ormai disabitata) e di come l’intera comunità abbia reagito al sisma. Una considerazione riassume tutte le parole: “Voi non dovete pensare a nient’altro che alla prossima scossa, al prossimo terremoto. Se non ragionate in quest’ottica ogni sforzo sarà inutile. Solo così ci si salva”, questo disse loro uno dei geologi più importanti.
Il percorso verso Norcia è breve e semplice. Arrivare a Norcia, dopo giorni di cammino in solitaria, tra negozi di souvenir per turisti e la via pedonale affollata, sembra un po’ surreale. La statua di San Benedetto, svetta alta e dà il particolare benvenuto con accanto quel che resta della cattedrale. A Norcia ho dormito all’ostello Capisterium che ha anche la piscina del B&B usufruibile. É fuori dal paese ma già sulla via per la tappa successiva.
Sapevi che da Norcia parte il Cammino di San Benedetto? Scoprilo qui!
Tappa 07: Norcia – Castelluccio
15.5 km – 1080 D+ / 300 D-
Per l’importante dislivello partenza alle 6. Dal paese si passano alcune cascine (attenzione ai cani liberi pochi abituati alla gente a piedi). Bosco, e dopo qualche chilometro e si apre il paesaggio con ampia vista su Norcia. Il sentiero qui si fa stretto a mezza costa abbastanza ripida. A venti metri sotto di me, una coppia di daini mi scruta.
Oltrepassato il valico, inizia ad intravedersi la piana di Castelluccio che via via si apre sempre più. Si scende fino ai pratoni, alcuni già mietuti. Castelluccio visto da lontano sembra un presepe. Avvicinandomi però, si notano i cantieri e le molte abitazioni crollate. Un’ultima breve salita sotto al sole porta all’incantevole paesino gremito di turisti, perlopiù di passaggio.

Sul versante opposto si notano ad occhio nudo le crepe che il terremoto ha creato sulle vette più alte. Nel pomeriggio ho il piacere di fare due chiacchiere con la proprietaria di un banchetto di prodotti locali. L’hotel Villa Tardioli è stata l’unica soluzione disponibile. Assolutamente da provare la birra aromatizzata alla lenticchia.
Tappa 08: Castelluccio – Arquata del Tronto
18 km – 380 D+ / 1110 D-
La piana di Castelluccio stamattina è coperta da uno strato di nebbia, che lascia emergere il paese dall’alto dei suoi 1452 metri. Le vette iniziano a colorarsi con i primi raggi di sole. In paese trovo solo gli operai. Dei turisti ancora nemmeno l’ombra. Il percorso è semplice e porta verso il valico al confine con le Marche. Guardandomi gli scarponi noto che la suola rischia di aprirsi sul tallone.
Oltre ad utilizzare il nastro americano che per la prima volta ho messo nello zaino, e di questo dico un sentito “grazie” allo Yunka Festival, inizio a pensare il da farsi. Scrivo a Francesco, il referente di Norcia col quale mi sono sentita fin da prima dell’inizio del cammino. Lui fa anche da guida escursionistica a Castelluccio e proprio oggi deve andare per incontrare un gruppo. Così si offre di farmi da corriere passando da Arquata dove alloggio per la sera e portarmi un paio di scarponi nuovi.
Il sentiero scende attraversando boschi silenziosi di aghifoglie. Ad Arquata si passa tra le case crollate e puntellate, alcune in attuale demolizione, altre in ricostruzione, altre ancora lì distrutte dal sisma. Arquata, insieme ad Accumuli (tappa di domani), è ancora “zona rossa” e ciò vuol dire che non tutte le vie sono state messe in sicurezza, dopo 9 anni.
Parlando con Angela che mi ha accolto nel centro Agorà (qui non c’è uso cucina e nemmeno ristoranti, ma solo un piccolo alimentari ad 1 km), mi racconta che con la sua famiglia si è da poco spostata da una Sae alla sua nuova abitazione. Ormai Arquata conta 1/3 degli abitanti di prima. Chi è rimasto è per attaccamento al luogo, nonostante le costanti difficoltà.
Tappa 09: Arquata del Tronto – Accumuli
18 km – 820 D+ / 620 D-
Su suggerimento di Angela, ho imboccato la vecchia strada chiusa al traffico con un leggero cambio di percorso rispetto al tracciato gps. Si passa nella “vecchia” Arquata, sulla strada ora chiusa al traffico. Si arriva così a Pescara del Tronto. Qui c’è un piccolo parchetto pubblico recintato che passa quasi inosservato nonostante la mia lenta andatura, diventato oggi “Il Monumento” di tutte le vittime, tante, troppe! Impossibile non commuoversi!
Si prosegue tra le rovine disabitate. La strada è percorribile solo ai residenti, molto pochi. Un invisibile e ben mimetizzato cane maremmano sdraiato, lì a pochissimi metri tra le macerie, ringhia facendomi capire che comunque lì qualcuno c’è ancora: lui. Una fonte d’acqua fresca a metà della tappa merita la sosta. Dopodiché ci si immette in un bosco impervio con ripide salite e vegetazione selvaggia.
Oggi dormo poco prima di Accumuli, in una roulotte da Agricamper. Visto che era impossibile rifornirsi, Pietro, il proprietario (un personaggio), mi ha gentilmente ospitata a cena con la sua famiglia. Nei loro occhi, in quelle del figlio adolescente e di due amici si leggeva una silenziosa ma intensa forza d’animo. La loro riservata e velata resilienza mi ha spinto a non porre domande, non ce n’era bisogno. La notte molto fresca è stata addolcita da una stellata ed una luna piena degne delle notti di San Lorenzo.
Tappa 10: Accumuli – Amatrice
18 km – 680 D+ / 600 D-
I sentieri, più impervi, portano ad Amatrice, praticamente rasa al suolo e inaccessibile, solo la torre del campanile è ancora in piedi. In una nuova zona del paese hanno creato aree per riunire tutte le attività commerciali che hanno dovuto sloggiare dalle loro strutture originali.
Sosta al bar per una meritata birra, scambio due chiacchiere con Sabatino, un anziano signore che sopravvive con la pensione base facendo il pescatore al lago di Campotosto (tappa di domani), ma solo nelle prime ore del mattino, dice lui, per via della sua malattia che gli impedisce di prendere il sole.
Per la sera dormo in un bungalow al villaggio “Lo Scoiattolo” che è però troppo fuori paese. Ciò però non mi impedisce di tornare in centro per cena per una goduriosa amatriciana, di cui, all’entrata del paese, spicca un grande cartellone che ne vanta la religiosa ricetta.
Tappa 11: Amatrice – Mascioni
21.5 km – 750 D+ / 330 D-
Dopo una lunga chiacchierata con Fabrizio, il proprietario che ha veramente tanto da raccontare, mi incammino verso Campotosto. Guardando le tracce gps capisco che, risparmiando qualche chilometro sotto il sole ma senza perdermi nulla, posso unire due tappe e arrivare direttamente a Mascioni
Si entra in Abruzzo. Il paesaggio diventa molto suggestivo grazie al lago con riserva naturale. Sullo sfondo il gran Sasso. Il percorso è spesso sotto il sole e ciò rende più difficile una tappa che di suo non ha grandi difficoltà. A Mascioni ho dormito presso il Rifugio Carlo Alimonti. Il perimetro del lago è saturo di campeggiatori. Trovandosi a circa 1400 mt, oltre ad essere immersi in un paesaggio verdeggiante, si può godere di notti fresche e stellate.

Tappa 12: Mascioni – l’Aquila
Sveglia prestissimo. Tappa impegnativa per il chilometraggio e per il caldo, mentre il dislivello rimane contenuto. Da Mascioni prendo la variante sulla diga. Il paesaggio cambia spesso ed è a tratti impervio. La segnaletica è veramente carente. A Collebrincioni mi sarei voluta fermare al circolo ma era stranamente chiuso. Quindi diritta fino a L’ Aquila.
Sinceramente non comprendo bene il senso delle tracce gps, quindi, entrata in città, vado dove più mi sento di andare. Entro nell’ufficio turismo e chiedo un timbro sulla credenziale, ma dopo avermi citato tre cammini diversi, udite udite, non sanno nemmeno cosa sia il CTM.
Il centro città è popolato di turisti. Io ho due bastoncini da trekking diventati estensione delle mie braccia, un abbigliamento per niente da turista, e mi sento frastornata, quasi fuori luogo rispetto a tutto il resto della gente. Lo zaino che è stato per me un po’ casa, assicurazione, mensa, cuscino, sento che ora non ha più un peso. Mi sento “smarrita”, lo stesso smarrimento che si prova alla fine di un’intensa esperienza. Vedere con i propri occhi quello che è successo è l’unico modo di capire la realtà delle cose. Non c’è spazio per le apparenze, resta l’essenziale, che poi qui è quello che resiste.

Il mio arrivo è in ogni dove, là dove ho lasciato una lacrima, un pensiero, una paura, una chiacchierata, una gioia, un sorriso, un abbraccio. Nelle Terre Mutate non si allenano solo le gambe, si arricchisce anche la propria conoscenza e consapevolezza. A queste Terre va il mio più sincero inchino. Termina così il mio Cammino nelle Terre Mutate, proprio come è iniziato mesi fa quando ha preso dimora nella mia mente: nella quiete, nella discrezione, nel silenzio e soprattutto IN PUNTA DI PIEDI.