21 Jul 2025

Vins e Cammini d’Italia: una nuova avventura lungo il Cammino Grande di Celestino

Abbiamo camminato per conoscere un territorio, ma forse, più di tutto, per riconnetterci con qualcosa che ci mancava.

Cinque giorni tra natura, storia e, come sempre, tante risate, da Badia Morronese a Serramonacesca. Il nostro Vins ci racconta il suo viaggio sul Cammino Classico di Celestino, nel cuore selvaggio e spirituale della Maiella, lungo uno dei tratti più affascinanti del Cammino Grande di Celestino, insieme a parte del team Cammini d’Italia. Un racconto vivo e coinvolgente, fatto di salite, sorrisi, storie millenarie e creature sorprendenti. Un’esperienza intensa, narrata con passione e ironia, che mostra come, passo dopo passo, si possa ritrovare un legame profondo con la natura, con la storia e con se stessi. Un racconto che non è solo un invito alla lettura, ma quasi una chiamata al cammino.

Introduzione

Si torna in cammino…questa volta direzione Abruzzo!

Siamo nel cuore del Parco Nazionale della Maiella, terra sacra, aspra e selvaggia, pronti a vivere un’esperienza che promette bene sotto tanti aspetti: il Cammino di Celestino. Sul percorso va però fatta una premessa, presentando intanto il Cammino Grande di Celestino, un itinerario che attraversa la regione da ovest a est, dal cuore dell’Appennino fino al mare della Costa dei Trabocchi, attraverso un itinerario che segue alcune importanti tappe e luoghi della vita di Pietro Angelerio (detto anche Pietro da Morrone), l’eremita diventato poi Papa Celestino V.

Pietro da Morrone, vissuto nel XIII secolo, fu eletto Papa in modo inaspettato. Il suo pontificato fu breve e travagliato, culminato con la sua rinuncia al papato per fare ritorno alla vita eremitica, un gesto che ha generato ampie discussioni nel corso dei secoli. Questo cammino di 202 km suddiviso in 12 tappe, parte dalla Basilica di Collemaggio a L’Aquila, dove Celestino fu incoronato Papa nel 1294, e termina ad Ortona, sul mare Adriatico, dopo aver attraversato grotte millenarie, eremi scolpiti nella roccia, tre aree protette e paesaggi tra i più suggestivi d’Italia.

All’interno di questo, noi abbiamo scelto di percorrere un tratto ben preciso, quello che viene chiamato il “Cammino Classico di Celestino”: cinque giorni a piedi da Badia Morronese a Serramonacesca, per 87 km immersi nella natura selvaggia e nella storia ricca di spiritualità della Maiella e che ci porterà a scoprire eremi incastonati nei punti più impensabili, borghi, vallate nella natura incontaminata e cime ancora innevate a fare da cornice. Un cammino che è un invito alla scoperta e alla contemplazione, in un contesto profondamente legato alla natura e alla storia del territorio che attraversa. Quindi zaino in spalla e buon cammino a noi!

Anche tu hai voglia di condividere la tua esperienza di cammino con la nostra community? Inviaci una mail a info@camminiditalia.org e ti invieremo tutte le informazioni necessarie per raccontare la tua avventura. Se preferisci, puoi anche unirti alla nostra Community su Facebook e condividere direttamente il tuo racconto lì.

E se vuoi essere sicuro di non perderti durante il tuo percorso, ricorda di scaricare l’app di Cammini d’Italia prima di partire! Con essa avrai a disposizione tutte le tracce gpx di molti cammini italiani e potrai navigare facilmente, anche offline. Scopri di più a questo link!

Tappa 01: Badia – Pacentro

11,5 km – +600 m / -260 m

È ufficiale: siamo partiti per il Cammino Classico di Celestino. La nostra prima tappa: da Badia Morronese a Pacentro: 11,5 km che coincide con la tappa 5 del Cammino Grande di Celestino. Fin da subito, ci siamo trovati immersi in un paesaggio sospeso tra storia, spiritualità e montagna, con il profilo della Maiella a farci compagnia e ricordarci che qui la natura non è mai solo sullo sfondo, ma protagonista. Il percorso alterna tratti boschivi a panorami aperti, tra saliscendi, scorci da cartolina e luoghi suggestivi legati alla vita di Celestino V.

Tra i punti d’interesse: Abbazia di Santo Spirito al Morrone: uno dei primi insediamenti di Pietro Angelerio, poi diventato la casa madre dell’ordine celestiniano. Eremo di Sant’Onofrio al Morrone: luogo iconico, qui Pietro trascorre diversi anni da eremita ed inoltre, è proprio qui che riceve l’annuncio che è stato eletto Papa

L’arrivo a Pacentro ci ha regalato uno dei momenti più belli della giornata: un aperitivo-cena in un piccolo caseificio del borgo, “Alla Vecchia Casa”, dove Virginia e Stella ci hanno accolti con calore, risate e piatti preparati con materie prime di loro produzione. Tutto rigorosamente a km zero, tutto buonissimo. Una prima giornata che promette molto bene. E il bello è che siamo solo all’inizio.

Si parte! Dopo tanti preparativi e con l’emozione di chi sa che sta per vivere qualcosa di speciale, abbiamo finalmente messo piede sul Cammino Classico di Celestino, iniziando il nostro viaggio dalla Badia Morronese, nei pressi di Sulmona. È qui che tutto comincia, non solo per noi camminatori, ma anche per la storia stessa dell’ordine celestiniano. Questo luogo maestoso, oggi monumento nazionale, fu infatti scelto da Pietro di Angelerio, l’eremita divenuto poi Papa Celestino V, come sede della Casa Madre del suo ordine monastico, dopo aver fondato l’ordine dei Celestini nel XIII secolo.

Appena arrivati, ci ha colpito la sua imponenza ma anche la sua quiete. Le sue origini si intrecciano con la storia di un sogno: quello di Pietro, monaco benedettino e amante della solitudine, che qui diede forma a un ideale di vita in legame con la natura, nel silenzio e nella preghiera. L’Abbazia venne edificata a partire da una piccola chiesetta preesistente, dedicata a Santa Maria, che lo stesso Pietro contribuì ad ampliare e rinnovare, costruendo una nuova chiesa dedicata allo Spirito Santo, con annesso il monastero.

Le successive fasi di ampliamento, e gli interventi post-terremoto, ne hanno arricchito ulteriormente la struttura, rendendola uno dei gioielli spirituali e architettonici dell’Abruzzo, oltre che i tanti legami con le vicende avvenute durante la Grande Guerra, che da un lato hanno lasciato evidenze ben visibili, anche a livello strutturale, dall’altro, come abbiamo avuto modo di scoprire durante la visita, rendono le storie legate ad essa ancora più incredibili e suggestive, essendo stata anche una prigione fino a qualche decennio fa.

Dopo questa immersione nel passato, inizia per noi ufficialmente il cammino…ovviamente con una salita. I boschi iniziano ad aprirsi, regalandoci scorci sulla valle e sulla sottostante Sulmona, fino a portarci all’Eremo di Sant’Onofrio al Morrone (Morronese). Qui l’incontro con Stefano, il custode, ci ha regalato il primo piacevole incontro del nostro viaggio. Ci ha subito raccontato come da cinquant’anni raggiunge l’eremo a piedi più volte a settimana per occupersene con dedizione e passione. Ci ha mostrato la grotta, raccontandoci storie e aneddoti legati a questo luogo mistico, incluso un antico rituale ancora oggi praticato da fedeli in cerca di guarigione per problemi fisici. E alla fine, come se fossimo vecchi amici, ci ha offerto anche un caffè, servito con il sorriso di chi vive in armonia con il luogo che abita.

Eremo di Sant’Onofrio al Morrone

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Lasciato l’eremo, il sentiero prosegue tra saliscendi boschivi e scorci che sembrano usciti da un racconto medievale. La nostra destinazione è Pacentro, uno dei borghi più belli d’Italia, e appena iniziamo a scorgere le sue torri svettanti all’orizzonte, capiamo che la giornata non poteva avere finale migliore. Il centro storico ci accoglie con i suoi vicoli stretti, le case in pietra, l’imponente castello Caldora e, soprattutto, un gruppo di simpaticissimi anziani signori ci da il benvenuto, ragalandoci qualche minuto di piacevole chiacchierata.

Pacentro, vista dal drone

La serata si conclude nel migliore dei modi: aperitivo-cena nel caseificio “Alla Vecchia Casa”, dove Virginia e Stella ci accolgono con piatti a base di materie prime di loro produzione, tante risate e una calorosità che è tutta abruzzese. Tutto a km zero, tutto buonissimo, tutto perfettamente in sintonia con lo spirito del cammino. Una prima giornata intensa, fatta di incontri, storie e panorami. Il bello? È solo l’inizio.

Tappa 02: Pacentro – Caramanico Terme

19 km – +750 m / -800 m

La seconda giornata sul Cammino Classico di Celestino comincia con una visita al centro storico del paese e, prima di rimetterci in marcia, decidiamo di salire al Castello Caldora, che domina dall’alto il borgo di Pacentro con le sue torri svettanti. Una di queste è visitabile, e noi non ce la lasciamo scappare. Una volta in cima, lo sguardo si apre su tutto il paese e non solo, i boschi circostanti e la Maiella che si apre imponente intorno a noi. A colpirci è anche una grande bandiera tricolore disegnata su un’altura a qualche chilometro di distanza: è da lì che, ogni anno il primo settembre, prende il via la storica “Corsa degli Zingari”, antichissima tradizione popolare pacentrana.

I partecipanti, rigorosamente scalzi, corrono in discesa per raggiungere una piccola chiesetta nel centro storico, dedicata alla Madonna di Loreto. Il premio per il vincitore? Un pezzo di stoffa: simbolo umile ma significativo di un rito che si rinnova da secoli, portando con sé identità, senso di appartenenza e sfida.

Terminata la visita, è ora di tornare a concentrarsi sulla percorrenza della tappa odierna, che non è affatto banale: ci aspettano 19 km abbondanti, con un dislivello importante da affrontare e, considerando l’orario, partiamo già in ritardo come a nostro solito. Il sentiero si snoda tra distese erbose e fiorite, zone boschive che offrono un po’ di refrigerio e tratti di macchia mediterranea che profumano d’estate. La varietà degli ambienti che attraversiamo è una delle sorprese più belle: ogni salita, seppur sofferta, ci restituisce qualcosa, e un’occasione per godersi panorami ampi e mozzafiato, con le vette ancora innevate della Maiella che ci fanno compagnia sullo sfondo, che abbiamo capito essere una piacevole costante.

Affaccio sul blocco delle cime più alte della Maiella

A metà strada, ci concediamo un pranzo con vista, seduti sull’erba e con il vento leggero che asciuga il sudore. Bastano pochi minuti di relax per sentirsi rigenerati: una breve pausa che ci ricarica prima di riprendere il cammino. E poi cosa potevamo chiedere di meglio…panini con pecorino/ricotta locali e verdure, un prato, temperatura perfetta e panorama super!

Si riprende a camminare e proprio quando pensiamo che nulla possa sorprenderci più di quanto già visto…ecco l’incontro più inatteso (in quel momento, ma in realtà ci speravo da quando ho saputo che avremmo camminato in questo territorio) della giornata: un ululone appenninico!

Questo anfibio meraviglioso è un piccolo rospo endemico italiano (Bombina pachypus), riconoscibile per la livrea ventrale giallo acceso punteggiata di nero, che utilizza come monito per difendersi dai predatori assumendo una postura d’allarme. Vive in ambienti umidi di montagna, spesso vicino a ruscelli o pozze, ed è specie a rischio a causa della frammentazione dell’habitat dei quali è originario. Osservarlo nel suo ambiente naturale, anche solo per pochi minuti, è stato un vero privilegio. Non potevo che intrattenere, forse più del dovuto, i miei compagni di viaggio, qualche scatto fotografico era dovuto!

Il rospo e il suo occhio a cuoricino

Il resto del cammino scorre tra riflessioni personali alternate ai soliti momenti “ludici”, per non dire stupidi, che caratterizzano le nostre uscite, con i piedi che vanno e lo sguardo che continua a vagare tra colori, profumi e scorci spettacolari. Quando finalmente raggiungiamo Caramanico Terme, siamo stanchi ma felici. L’atmosfera quieta che ci accoglie e l’idea che anche domani ci sarà da stupirsi ancora non ci fanno mai passare il sorriso, né badare alla stanchezza. Questa seconda tappa ci ha messo alla prova, ma ha anche saputo ricompensarci in ogni passo, lasciandoci addosso quella sensazione inconfondibile di quando sei stanco nel corpo ma non vuoi che la giornata si concluda.

Tappa 03: Caramanico Terme – Decontra

14 km – +780 m / -600 m

Il terzo giorno sul Cammino Classico di Celestino è uno di quelli che restano nella memoria. Appena lasciata Caramanico Terme, bastano pochi passi per ritrovarsi nel cuore di un ambiente che sembra uscito da un libro di fiabe: la Valle dell’Orfento, una delle aree di maggior pregio naturalistico dell’intero Parco della Maiella.

Ma è possibile dormire in tenda in queste bellissime aree naturalistiche? Abbiamo provato a rispondere a questa domanda qui.

Il sentiero si snoda accanto al fiume Orfento, tra ponticelli in legno, cascatelle e scorci verdissimi che non fanno che distogliere lo sguardo dal sentiero per guardarsi intorno. Il suono dell’acqua che scorre ci accompagna costantemente, e il contesto, tanto silenzioso quanto affascinante, invita alla lentezza, all’osservazione e alla meraviglia.

Riserva naturale Valle dell’Orfento – Caramanico Terme

Dopo un tratto immersi in questo paradiso, deviamo lungo un sentiero ripido e tecnico, una variante che ci conduce verso l’Eremo di Sant’Onofrio dell’Orfento. La salita si fa sentire, ma è anche protetta da una splendida faggeta, e il suo fascino è accentuato da un improvviso cambiamento del meteo. Giunti all’eremo, un luogo di raccoglimento e silenzio incastonato nella roccia, ci concediamo una pausa pranzo perfetta: nuovamente pane e formaggi locali, troppo buoni, ci stanno alla grande!

Appena mettiamo gli zaini in spalla per ripartire inizia a piovere, e non poco. Subito bardati con giacche impermeabili e cappelli, e anche se la pioggia è intensa, la fitta vegetazione ci offre una sorta di tetto naturale che attenua il tutto. Il risultato? Un’esperienza immersiva, in tutti i sensi, mentre la pioggia tamburella sulle foglie intorno. Non è difficile immaginare gli eremiti, nei secoli passati, vivere questi stessi spazi e questi stessi suoni. Incredibile!

La discesa, sullo stesso sentiero affrontato all’andata, si rivela impegnativa e tecnica, soprattutto per via del terreno reso scivoloso dalla pioggia. Ma anche questa parte ha il suo fascino: camminare nel bosco sotto l’acqua, protetti dalle chiome fitte degli alberi, è un’esperienza quasi meditativa. Il ritmo del nostro passo si fonde con lo scroscio della pioggia sulle foglie, e il tempo sembra sospeso.

E come spesso accade nei cammini, la natura non smette di sorprenderci. Oggi abbiamo incrociato diverse rane ai bordi del sentiero e, soprattutto, un magnifico esemplare di Coronella austriaca, un serpente piccolo e snello, completamente innocuo per l’uomo, reso ancora più simpatico dalla livrea caratteristica di un esemplare nato, ad occhio, solo da pochi giorni. Appartenente alla famiglia dei colubridi, è una specie che si distingue per la capacità di mimetizzarsi con l’ambiente circostante. Incontrarlo così, nel suo habitat naturale, è un piccolo evento da celebrare.

Quando il cielo finalmente si apre e la pioggia smette, riprendiamo la risalita della Valle dell’Orfento. L’ultimo tratto è esposto e panoramico, e ci regala affacci spettacolari sulla valle dall’alto: è come se la natura volesse salutarci con un ultimo, spettacolare quadro prima della fine tappa.

Raggiungiamo Decontra stanchi ma soddisfatti, con l’animo ancora pieno di immagini e suoni. E come se non bastasse, anche oggi il cammino ha in serbo una sorpresa finale: ci fermiamo all’Agriturismo Pietrantica, dove troviamo ad accoglierci Marisa, autentica padrona di casa abruzzese, che ci prepara un aperitivo con pane fatto in casa, realizzato con grano Solina e altri cereali locali. Insomma, un tuffo nella tradizione contadina della Maiella.

Arrivo a Decontra – ultimo affaccio prima di entrare in paese

Ma non è solo il cibo a trasportarci: Marisa ci conquista con i suoi racconti sulle erbe selvatiche e su come gli eremiti si alimentavano nei secoli, tra raccolta, sopravvivenza e rimedi popolari. Lei è un’enciclopedia e potremmo ascoltarla per ore, e infatti quando ci alziamo per andare via, lo facciamo un po’ a malincuore. Che giornata piena! Natura, pioggia, piccoli incontri, panorami e persone autentiche: un’altra giornata sorprendente.

Tappa 04: Decontra – Macchie di Coco

22 km – +1350 m / -1270 m

Si parte presto, con una consapevolezza chiara: oggi ci aspetta la tappa più lunga dell’intero nostro cammino. La più lunga, sì, ma anche, come scopriremo presto, tra le più ricche, varie e memorabili. Prima di mettere piede sul sentiero, ci concediamo una colazione energetica a base di bocconotti, dolce tipico di queste zone abruzzesi, con la sua pasta friabile e il cuore di cioccolato. Caffè, zaini in spalla…e via.

Come da copione, si comincia in salita, ma la fatica è subito ricompensata da nuovi panorami: l’orizzonte si apre su altipiani, colline e profili montani si susseguono. Il silenzio è interrotto solo dal vento e dai nostri passi, mentre ci addentriamo in una delle zone a più alta densità di popolazione di lupi in Europa.

Lo capiamo da subito: chiare tracce lungo il sentiero, numerose fatte con ben riconoscibili i peli delle prede degli ultimi pasti e impronte perfettamente disegnate nel fango, ci raccontano la presenza discreta di questi animali magnifici. È impossibile non fermarsi a riflettere. Troppo spesso temuti e demonizzati, i lupi sono invece indicatori di un ambiente sano e integro. E se pensiamo che ci troviamo in un’area dove convivono natura selvaggia, pastorizia, agricoltura e attività umane quotidiane, possiamo affermare che la convivenza pacifica è non solo possibile, ma reale. Basta rispetto, conoscenza e consapevolezza. In fondo, la montagna è anche loro.

Continuiamo a salire, attraversando faggete fitte e poi distese aperte coperte di crocus e fiori spontanei. Arriviamo così a uno dei momenti più incredibili dell’intera esperienza: l’accesso all’Eremo di San Giovanni all’Orfento. Un luogo che, più che visitato, va guadagnato. Il sentiero si restringe, si infila in una parete rocciosa e, per entrare nell’eremo, bisogna letteralmente strisciare lungo un passaggio scavato nella roccia, sospeso nel vuoto e senza protezioni.

Eremo di San Giovanni all’Orfento

Lì dentro, il tempo si ferma. Le pareti nude, l’assenza totale di comfort, l’essenzialità spinta all’estremo: tutto parla di rinuncia, raccoglimento, spiritualità pura. Viene da chiedersi, ancora una volta, come potessero vivere qui uomini soli, in bilico tra cielo e pietra, in una ricerca interiore radicale. È un’esperienza forte, anche emotivamente.

Riprendiamo il cammino, e dopo un tratto in discesa e un altro in salita, prima inizia a piovere e poi il paesaggio cambia ancora. Sbuchiamo in una faggeta giovane che ci ripara e non solo, qui la nebbia, improvvisa, trasforma tutto in una scena surreale. Silenzio ovattato, colori smorzati, rami umidi: è come camminare in un sogno. È uno di quei momenti sospesi, dove vieni trasportato e la nebbia che avvolge gli alberi trasforma il bosco in un paesaggio onirico.

Andiamo avanti tra salite e discese fino a incrociare un ruscello che guadiamo con un po’ di attenzione, prima di affrontare una salita impegnativa che ci porta al cospetto del maestoso Eremo di Santo Spirito a Maiella. La potenza di questo complesso monastico, che si fonde con la montagna, ci lascia ancora sbalorditi. A differenza del precedente, qui troviamo ambienti più ampi, strutture articolate, una dimensione quasi comunitaria. Ma il fascino che desta in noi non è meno intenso. Sono due facce della stessa medaglia: l’eremo dell’isolamento assoluto e quello della vicinanza, entrambi profondamente toccanti, entrambi luoghi che restano dentro.

Eremo di Santo Spirito a Maiella

Sapevi che lungo questo cammino gli eremi sono davvero tantissimi? Abbiamo scritto un articolo con 10 eremi spettacolari da scoprire lungo il Cammino Grande di Celestino! Clicca qui.

Il cammino prosegue attraverso la Valle Giumentina, disseminata di capanne in pietra a secco, testimonianze di un passato agro-pastorale che ancora oggi resiste, almeno nel paesaggio. Inizia a farsi tardo pomeriggio quando intravediamo il terzo eremo della giornata, San Bartolomeo in Legio, incastonato in una parete calcarea, quasi mimetizzato nella roccia. Il sentiero per raggiungerlo scende ripido e poi risale, e la luce del tramonto lo accende di sfumature dorate e arancioni. Non potevamo arrivarci in un momento migliore.

E mentre ci fermiamo per contemplare questo ultimo angolo mistico, accade l’inatteso. Appena lasciato l’eremo, pochi minuti dopo aver goduto di uno dei tramonti più belli del cammino, una femmina adulta di cervo ci appare, silenziosa, elegante, su un crinale più in alto rispetto al sentiero. Resta lì immobile per qualche istante, quasi a osservarci, e poi scompare tra i cespugli. È come un’apparizione, un saluto, quasi a darci il benvenuto al paesino di Macchie di Coco, che ormai ci attende a pochi metri.

Chiudiamo la giornata colmi di bellezza, di riflessioni, di stupore. Sul Cammino di Celestino, ogni passo continua a sorprenderci.

Tappa 05: Macchie di Coco – Serramonacesca

15,5 km – +480 m / -950 m

L’ultima giornata di cammino ha sempre un sapore speciale. C’è quella sottile malinconia che accompagna la consapevolezza della fine, ma anche una gratitudine inconscia che ci accompagna a ogni passo. E oggi, sul Cammino Classico di Celestino, tutto questo si amplifica. La tappa da Macchie di Coco a Serramonacesca è l’epilogo perfetto di un’esperienza che ci ha segnati profondamente.

A rendere questa giornata ancora più ricca è la presenza di Paola, guida ufficiale del Parco della Maiella, amica e profonda conoscitrice di questo territorio. La sua passione per flora e fauna è pari alla mia, e la nostra sinergia sul campo è immediata: mentre camminiamo, ci trasformiamo in veri e propri “esploratori naturalisti”, sempre con lo sguardo a caccia di dettagli, presenze, colori. E oggi, neanche a farlo apposta, gli incontri sono numerosi fin da subito.

Paola ci segnala con precisione numerose specie di orchidee e altre piante tipiche della zona, spiegandoci con entusiasmo le loro caratteristiche e le loro relazioni con l’ambiente. Io, nel frattempo, mi dedico con piacere ai miei “amici preferiti”: piccoli rettili, artropodi, e altre creature che fanno sobbalzare Billo ogni volta che mi metto a osservarle da vicino. E ovviamente, coinvolgo nel mio entusiasmo sia lui che Davide, trasformandoli in fotografi e videomaker per documentare ogni singola scoperta. E mi sa che loro iniziano ad essere un po’ meno entusiasti di me, dopo la ventesima sosta della mattinata. Ma mi sopportano come sempre, spero.

Avvistiamo un esemplare adulto di Euscorpius sp., un piccolo scorpione europeo, timido ma affascinante. Poco dopo, il primo dei due colpi di scena erpetologici di giornata: un orbettino, ovvero un sauro privo di zampe spesso scambiato per un serpente, e poi un giovane cervone (Elaphe quatuorlineata), tra i colubridi più imponenti d’Europa. Ogni tanto numerose lucertole e qualche ramarro sfrecciano tra le rocce, e persino un pipistrello che riposava all’interno di una capanna a tholos, piccolo rifugio in pietra tipico della tradizione pastorale e agricola locale.

Nonostante sia la giornata più calda di tutto il cammino, il clima non appesantisce il passo, anzi: la compagnia, la bellezza degli ambienti attraversati e il continuo stupore rendono tutto più piacevole. E intanto diversi rapaci in volo ci accompagnano dall’alto per buona parte della giornata, veleggiando sopra di noi con eleganza.

Dopo aver camminato tra fontanili ricchi di vita (uno in particolare ospitava delle splendide raganelle italiane, Hyla intermedia), giungiamo all’ultimo eremo del nostro percorso: Sant’Onofrio a Serramonacesca. L’atmosfera che si respira qui è diversa rispetto a quella degli eremi incontrati nei giorni precedenti: più pacata, più raccolta, ma ugualmente intensa.

Lungo la percorrenza del sentiero che ci avvicina sempre più alla fine del nostro percorso, un’enorme quercia roverella monumentale, probabilmente la più imponente che io abbia mai trovato ci permette di fare una breve pausa. Qualche altro passo e infine eccoci all’Abbazia di San Liberatore a Maiella, tappa conclusiva del nostro itinerario. Lì, tra abbracci e sorrisi, riceviamo l’ultimo timbro sulla credenziale e il tanto atteso testimonium: un piccolo foglio che racchiude il grande significato di questi cinque giorni. Una pergamena simbolica che racconta non solo chilometri e fatica, ma anche emozioni, incontri, silenzi, risate.

Noi e la quercia roverella monumentale

E mentre ci sediamo per un ultimo momento insieme, sul grande prato adiacente l’abbazia, salutiamo la Maiella e chi ci ha accompagnato in questo viaggio. Abbiamo camminato in un paesaggio che cambia e si trasforma, ma che mantiene un’identità fortissima. Abbiamo camminato nei passi di Celestino, ma anche nei nostri. Conosciuto i luoghi, ma soprattutto ascoltato le storie che li abitano.

Il Cammino è finito. Ma ciò che ci ha lasciato, quello no, lo portiamo a casa con noi. Prima di chiudere il diario di questo viaggio straordinario, è doveroso, ma soprattutto sentito, lasciare spazio ai ringraziamenti.

Grazie al Parco Nazionale della Maiella, che tutela e valorizza con passione uno dei territori più autentici e ricchi di storia e biodiversità d’Italia. Grazie a chi abbiamo incontrato lungo il cammino, ognuno dei quali ha lasciato un’impronta, piccola o grande, sulla nostra esperienza.

Ma un grazie speciale va a John, anima del Cammino Grande di Celestino, ma soprattutto ormai amico. Non potevo non dedicargli un pensiero finale, perché è stato una presenza costante e preziosa in questi giorni: ci ha sopportati e supportati con pazienza e sorriso, tra colazioni insieme, gelati a fine tappa (o anche ad inizio), cene piene di racconti, avvistamenti di animali, consigli e tanti momenti belli vissuti insieme. Avere potuto conoscere una persona così innamorata di questo cammino e della propria terra ha reso tutto ancora più vero e speciale.

E ora, mentre l’esperienza in cammino si è conclusa, resta dentro di noi un senso di pienezza difficile da spiegare. Abbiamo attraversato paesaggi incredibili, ci siamo immersi nella natura e nei suoi suoni, e vissuto un tempo diverso, più lento, più pieno. Abbiamo camminato per conoscere un territorio, ma forse, più di tutto, per riconnetterci con qualcosa che ci mancava. Il Cammino Grande di Celestino non è solo un percorso. È una chiamata alla scoperta, alla quiete, alla bellezza, alla semplicità. E noi, nel nostro piccolo, abbiamo risposto.

Fine del cammino – testimonium all’Abbazia di San Liberatore a Maiella

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Articolo di
Vincenzo Caruso

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