Fortezze e non solo: le Strade dei Forti di Cammini d’Italia
Un nuovo cammino in Piemonte: il Po come punto di partenza, 13 tappe tra fortezze, storie di confini e di popoli, e tanta natura tra Val Chisone, Val Germanasca e Val Pellice. Di che cammino stiamo parlando? Delle Strade dei Forti. Gianluca, Vincenzo e Billo hanno percorso solo un tratto di questo nuovo cammino, con l’obiettivo di documentare storia e tradizioni dei tettitori attraversati. Quattro giorni di percorrenza da Pinerolo al Forte di Fenestrelle, che con i suoi 4.000 gradini è la più grande struttura fortificata d’Europa e la più estesa costruzione in muratura dopo la Muraglia Cinese. Sotto lo sguardo del Monviso e costeggiando il fiume Chisone, vi racconteranno le giornate novembrine di sole passate sotto una fortunata estate di San Martino vissuta tra boschi di larici infuocati d’autunno, vigne eroiche e una quantità incredibile di storia legata a queste terre di confine. Solo arrivati a Fenestrelle si renderanno conto di quanto sia forte la voglia di continuare, seguendo la Strada dell’Assietta nel tratto più montuoso del cammino. Ma chissà… sarà per la prossima volta. Pronti a fare qualche passo con loro?
Introduzione
Avevo una gran voglia di rimettermi le scarpe e tornare a camminare, dopo le ferie estive (ovviamente… passate in cammino ahah) e la ripresa del lavoro. Un anno fa, proprio nello stesso periodo, avevo percorso il Cammino dei Borghi Silenti insieme ai ragazzi di Cammini d’Italia, che avevo conosciuto li. Raccontiamo sempre simpaticamente che si è trattato del mio colloquio di lavoro. Ed ora, eccomi qui.
Novembre si era rivelato il mese perfetto per assaporare una nuova stagione con lo zaino in spalla: l’autunno con i suoi colori caldi spinge via il caldo torrido dell’estate e ti invita a rallentare. A distanza di dodici mesi, quasi come se fosse stato organizzato apposta, si è presentata una nuova occasione: percorrere una tratta di un nuovo cammino, in Piemonte: le Strade dei Forti. Il team sulla griglia di partenza è inedito: io, Vincenzo e Billo…che squadra!
Prima di raccontarvi com’è andata, però, vorrei farvi una piccola presentazione di questo cammino. Le Strade dei Forti sono un cammino relativamente giovane. Da qualche anno il Consorzio Turistico Pinerolese sta portando avanti un lavoro enorme per valorizzare questo tratto di Piemonte che va da Villafranca Piemonte a Bobbio Pellice. Si parte dal Po, lungo il sentiero dell’Ochetta e sotto lo sguardo vigile del “re di pietra”, il Monviso, per arrivare a Bobbio Pellice attraversando tre valli (Val Chisone, Val Germanasca e Val Pellice) e incrociando numerose fortificazioni: alcune in rovina, altre perfettamente conservate. Sono il segno tangibile delle rivalità e degli scontri tra i Savoia e il Regno di Francia, che circa tre secoli fa si contendevano questo territorio di confine.
Noi abbiamo percorso quattro tappe, dalla TAPPA 03 alla TAPPA 06, da Pinerolo ( la “città della cavalleria” ) al Forte di Fenestrelle, la regina delle fortezze della Val Chisone. Un tratto breve rispetto all’intero cammino, ma estremamente piacevole da vivere. Le tappe non sono state particolarmente impegnative dal punto di vista del dislivello (circa 500 metri di dislivello positivo medio), il che le rende percorribili a molti camminatori.
In tanti ci avevano detto che primavera ed estate sono le stagioni migliori per affrontare questo itinerario. Personalmente, però, l’autunno in cammino ha sempre un fascino particolare. Siamo stati accompagnati da larici colorati d’arancione, tappeti di foglie sotto i piedi e quel freddo leggero che ti invita a muoverti ma ti fa apprezzare ancora di più il momento in cui arrivi a fine tappa.
Lungo il percorso non sono mancati il buon cibo (tanto… forse troppo), gli incontri con le persone che ci hanno accolto e la scoperta di una storia che, lo ammetto, conoscevo poco. Proprio questa combinazione, natura, storia e relazioni umane, mi ha fatto tornare a casa con la sensazione di aver solo assaggiato un cammino che meriterebbe di essere completato fino in fondo.
Sono rimasto sinceramente colpito dalle Strade dei Forti e spero un giorno di riprenderle da dove le ho lasciate, inoltrandomi nella parte più montuosa e panoramica, verso la Strada dell’Assietta. Ma, nel frattempo, vi sorbirete questo mio racconto di questi giorni passati.
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Tappa 01: alla scoperta del centro storico di Pinerolo
3.3 km
La prima tappa di questo nuovo cammino è qualcosa di diverso dal solito: un percorso urbano alla scoperta di Pinerolo, la famosa “città della cavalleria”. Poco più di 4 km (anche se, tra una deviazione e l’altra per digerire quello che abbiamo mangiato, sono sicuramente diventati di più).
Arriviamo alla stazione di Pinerolo in mattinata e ci spostiamo verso il centro storico, la stessa città che Edmondo De Amicis descriveva così: “Vista dall’alto, posta com’è all’imboccatura di due bellissime valli, ai piedi delle Alpi Cozie, davanti ad una pianura vastissima, seminata di centinaia di villaggi, che paiono isole bianche in un vasto mare verde e immobile, è la città più bella del Piemonte.”
Come biglietto da visita non è male. E infatti la prima impressione mantiene le promesse: tra vicoli silenziosi ci troviamo di fronte la Cattedrale di San Donato, con i suoi colori particolari e le raffigurazioni in facciata. Subito Vincenzo, da buon intenditore di enogastronomia, punta con lo sguardo un’antica pasticceria… ma non è ancora il momento di fermarsi. Prima il dovere, poi il piacere. Dritti verso l’ufficio turistico di Pinerolo per ritirare la credenziale e dare il via ufficiale al cammino.

Il kit di benvenuto ci sorprende: mappe della città, dépliant sulla storia di Pinerolo, un portachiavi con il simbolo del cammino, la credenziale e… una galupperia, ovvero una golosità dell’azienda Galup, conosciuta in tutta la zona. Un inizio dolce che mette subito il morale (e la glicemia) alle stelle.

Per pranzo, incontro ravvicinato con il gofri: una cialda sottile e leggera, simile a un waffle ma più croccante, cotta in una pesante piastra di ghisa chiamata gofrera. È uno di quei cibi semplici che ti restano impressi: pochi ingredienti, tanta sostanza. Dopo il gofri, però, non ho più scuse. Per rendere felice Vincenzo finiamo dentro la Caffetteria Castino per “un dolcetto veloce” prima di salire verso la collina.

Appena varcata la porta, Vins entra ufficialmente nel suo habitat naturale. E, se devo essere onesto, anche io. Ci accoglie una signora gentilissima che ci fa assaggiare i loro panettoni e poi la celebre torta Zurigo, dolce tipico pinerolese. Usciamo sazi e belli gonfi: è il segnale che è ora di iniziare davvero a camminare.

Costeggiando la chiesa di Sant’Agostino cominciamo a salire, fino ad arrivare alla Basilica di San Maurizio, nel punto più alto di Pinerolo. Il suo campanile è il simbolo del timbro di questa tappa. Dopo le foto di rito, qualcuno ci indica in lontananza il punto in cui ha inizio il cammino: Villafranca Piemonte. Ancora più in là, se il cielo è limpido, si riesce a scorgere anche Torino.

A un certo punto apro lo zaino per prendere la borraccia e sento sotto le dita l’assaggio di galupperia che ci avevano dato all’ufficio turistico. Guardo Vincenzo e Billo: «Raga, andiamo a fare un salto da Galup?» Due minuti dopo siamo dentro il negozio. Sembra di essere entrati nella fabbrica di cioccolato di Willy Wonka: dolci ovunque, panettoni, creme, biscotti, scatole colorate. È il paradiso e l’inferno allo stesso tempo. Parliamo un po’ con le commesse, ci raccontano qualcosa dell’azienda e, alla fine, ci riempiono le mani di piccole galupperie. Sarà il dolce post cena!

Spoiler: dopo cinque metri di cammino ne avevamo già mangiata metà.
La giornata si chiude con l’arrivo in hotel, finalmente il tempo di una doccia, una sistemata agli zaini e uno sguardo alla tappa del giorno dopo.
Tappa 02: Pinerolo – San Germano Chisone
14.2 km, + 310 mt / – 210 mt
La mattinata parte con una colazione abbondante e un piccolo recap di quello che ci aspetta nella giornata di cammino. La mattinata è fresca ma il cielo è limpido e il sole comincia piano piano a spuntare. Avevamo il timore di trovare pioggia e grigio ma per fortuna il meteo oggi è dalla nostra parte. Ce ne accorgiamo quando in lontananza scorgiamo la punta del Monviso: una lama di roccia che si staglia nel cielo, dura e delicata allo stesso tempo.

Ci mettiamo in cammino e dopo pochissimi km arriva già la prima sosta al castello di Miradolo che inizialmente si nasconde dentro il grande parco che lo circonda. Qui crescono più di duecento varietà di ortensie, cinque alberi monumentali e una quantità di specie animali e vegetali che ci fanno sentire in un vero e proprio giardino “vivo”. Il sito fa parte del progetto ortensieTO, ovvero il distretto pinerolese delle ortensie. Dimenticavo una nota importante, la tappa prende il nome di “Ortensie e Castelli”, così chiamata da chi questo cammino l’ha organizzato. E direi che il luogo in cui siamo spiega benissimo il perché del nome.
Ad accoglierci troviamo una ragazza gentilissima che ci accompagna in giro per il parco e ci racconta la storia del castello. Per anni è rimasto in abbandono, fino a circa 50 anni fa quando è stato acquistato dalla Fondazione Cosso che ne ha reso un centro di ricerca culturale, naturalistica e didattica. Subito veniamo proiettati in un mondo verde e silenzioso che ci culla per un paio di ore e ci fa rallentare, forse un po troppo. Ops…siamo già in ritardo sulla tabella di marcia! Qualche foto, il terzo caffè della mattinata, e via di nuovo.
Uscendo dal cancello, all’improvviso, da lontano una figura femminile ci viene incontro. Chi sarà mai? Ovviamente potevamo immaginarlo: è Elena, ovvero Hikinghacks per chi la segue sui social. Da buona torinese e piemontese, ha deciso di percorrere questa tappa con noi (a suo rischio e pericolo). Il team si allarga e la giornata si riempie di energia.
Tra chiacchiere e risate dopo una breve salitina che ci permette di vedere Pinerolo dall’alto con tutti i suoi vitigni, arriviamo a Borgata Gay dove ci aspetta Gabriele: un giovanissimo pastore valdese che ha scelto di tornare nella sua terra d’origine dopo gli studi in grandi città italiane ed estere.
Ora, qui faccio una piccola digressione “alla Barbero” sui valdesi. I valdesi sono una minoranza religiosa protestante che per secoli è stata perseguitata dai Savoia e dai francesi per le sue credenze e tradizioni. Spinti in montagna, hanno resistito costruendo comunità, scuole, luoghi di culto, spazi in cui poter vivere con un minimo di serenità.
Gabriele ci porta davanti a una piccola scuola valdese: è ancora integra e arredata com’era circa trecento anni fa. Seduti lì, tra banchi, e dettagli d’arredamento d’altri tempi, ci racconta cosa hanno vissuto circa 40 bambini valdesi in quelle valli. È una storia che conoscevo poco, e che sono felice di aver ascoltato così, guardando negli occhi qualcuno che quella tradizione la incarna davvero. Gabriele, se mai dovessi leggere questo diario: grazie per la tua testimonianza.
La fame inizia a farsi sentire ed è quasi ora di pranzo. Dopo una pausa per una dronata e un panino al volo intravediamo San Germano Chisone sullo sfondo della valle. Prima di arrivare in paese però c’è l’occasione per vedere altre ortensie a borgata Turina, anch’essa facente parte del “Giardino Diffuso” con oltre 150 piante di ortensie. La primavera sarebbe il momento perfetto per vederle esplodere di colori, ma anche adesso, a stagione autunnale, qualche macchia di colore resiste ancora.
Entriamo a San Germano Chisone verso le 15:30, un orario quasi da record per i nostri standard. Ci concediamo un caffè e una visita al Parco di Villa Widermann, altro punto tappa dell’OrtensieTO. Qui ha sede anche il municipio: direi che lavorare circondati da faggi e piante esotiche non dev’essere male per niente, fortunati i dipendenti!
“Ragazziiiii ho fameeee!” – il mio stomaco inizia a brontolare e , attendendo il transfer che ci avrebbe portato alla struttura dove dormire, mi imbatto in uno di quei panifici di borgata che all’apparenza sembra sfornare bontà imperdibili. Entro per dare un’occhiata e ne esco con una pagnotta di pane ai cereali cotta al forno insieme alle nocciole: ecco la merenda ufficiale per me e i miei amici di cammino. Dopo qualche morso (ok, più di qualcuno, perche la pagnotta è finita subito), timbriamo la credenziale e ci godiamo qualche minuto di calma.
La nostra prima vera giornata di cammino sulle Strade dei Forti finisce così: pancia piena e gambe piacevolmente stanche. E siamo solo all’inizio.
Tappa 03: San Germano Chisone – Perosa Argentina
15.8 km, + 669 mt / – 526 mt
Ieri sera il sonno ha preso il sopravvento e siamo crollati abbastanza presto. Il tempo di fare colazione e di farci riaccompagnare al punto di partenza dal gentilissimo signore che ci ha ospitato nella sua struttura e la tappa di oggi inizia. Una mattinata abbastanza fredda, lo notiamo dalla brina che copre i prati e le mucche che ci guardano curiose lungo il sentiero Verdeacqua, che segue il corso del fiume Chisone.

Dopo una lunga salita a spezzare il fiato sulle alture di San Germano Chisone, lungo sentieri in mezzo al bosco, arriviamo ad un pianoro chiamato Pra Pons. Qui si trova un casotto degli alpini, testimonianza storica di quanto erano vissute queste valli e un piccolo abbeveratoio. Da qui, una bellissima vista su Villar Perosa con il suo colorato campanile, e su tutte le montagne circostanti della Val Chisone tinte di arancione.
Dopo Borgata Marchisa capiamo perché questa tappa ha il nome di “vigne eroiche e paesi fioriti”. Le borgate che attraversiamo sono una sorpresa continua, balconi tappezzati di fiori, murales che raccontano scene di vita montana e finestre decorate. Il percorso è piacevole, tutto per lo più a mezzacosta, in un bosco tappezzato di foglie con continui affacci panoramici sul fondovalle. C’è tempo anche per divertirci con gag e battute stupide. Il bello del cammino è anche questo, non prendersi mai troppo sul serio.
Lungo il Sentiero del Dahu arriviamo alla borgata Clot Boulard. Tramite una strada asfaltata passiamo in prossimità della partenza del Volo del Dahu, ovvero una zipline tra le montagne della Val Germanasca (l’altra valle di questa tappa). Ulteriore momento curiosità storica. Conoscete la storia del Dahu? Si tratta di una leggenda: sarebbe stato un animale mitologico, un quadrupede che dai Pirenei alle Alpi vagava su e giù per i pendii delle montagne. La sua particolarità erano le zampe di diversa lunghezza, perfette per camminare sui versanti ripidi. Un giorno però, spaventato dall’uomo, si sarebbe voltato di scatto, perdendo l’equilibrio e precipitando nel vuoto.
Davanti ai nostri occhi si riconoscono subito la distesa di vigne che stavamo aspettando. Filari colorati su terrazzamenti a piu livelli: si tratta delle vigne eroiche. Sono dei vitigni trattati con operazioni particolarmente impegnative, senza l’utilizzo di alcun tipo di macchinario. Qui, nasce un vino speciale che viene prodotto solo nella zona tra Pomaretto e Pesora Argentina: il Ramìe.
Spinti dalla stanchezza ma anche dalla curiosità, superiamo Pomaretto non prima di esserci fermati ad ammirare i suoi murales. Sono “celebri” se cosi si può dire, anche i bunker antiaerei che una volta difendevano la popolazione dalla grande guerra, ma chiusi al pubblico oggi.
Il sole lentamente sta calando, e la luce scomparendo. Per fortuna Billo ha volato con il drone e lo si vede dal suo animo più gioioso. Io e Vins invece…non facciamo altro che pensare al vino! E così giunti a Perosa Argentina con il buio delle 18.00 dritto al bar per un aperitivo a base di formaggi , salumi e una bottiglia di Ramìe. Abbiamo la fortuna di assaggiarlo insieme al formaggio Plaisentif, legato a doppio filo alla storia delle popolazioni di questa valle. Infatti, chiamato “formaggio delle viole”, un tempo era così prezioso da essere utilizzato come merce di scambio con i Savoia, per il suo valore e per il suo sapore.
Timbro d’obbligo sulla credenziale, cena (come se l’aperitivo non fosse bastato) e meritato riposo. Domani ultimo giorno su questo cammino. Un gran peccato finisca così presto ma…è la scusa buona per tornarci!
Tappa 04: Perosa Argentina – Fenestrelle
19.7 km, + 684 mt / – 148 mt
Non so se fino ad ora lo avete intuito ma, a scuola una delle mie materie preferite era la storia. Strano vero? Detto da un ingegnere poi…
E ho capito passo dopo passo che di storia ne racconta tanta questo cammino. “Il confine dell’antico Delfinato” è il nome dato alla nostra ultima tappa lungo le Strade dei Forti. La notte passa in fretta con un po di ansietta per la voglia di arrivare il prima possibile alla nostra meta finale: il forte di Fenestrelle.
Da buon precisino quale sono obbligo i miei amici a partire una mezz’ora prima. Billo ne è entusiasta dato che vuole arrivare per l’ora di pranzo, per poter riuscire a volare e fare le riprese sul forte con la giusta luce. Come biasimarlo. Partiti con un passo molto svelto una deviazione ci coglie di sorpresa. Un cartello con la scritta “Cascata della Pissa” non lascia spazio a dubbi o interpretazioni, si va! Ci infiliamo nel sentiero e in poco arriviamo davanti alla cascata. Non è nel suo massimo splendore d’acqua, ma il suo fascino ce l’ha eccome. Dronata, foto di gruppo e via di nuovo in cammino.
Stiamo attraversando l’esatto confine dei territori che nel 1700 erano contesi tra i Savoia e il Delfinato di Francia. Lo capiamo quando arriviamo al Bec Dauphin (in francese “punta del delfino”), dove la storia prende forma grazie a un piacevolissimo incontro. E qui, mi faccio da parte, perchè Bruno è un vero appassionato e studioso di storia. Lui vive a Mentoulles, a pochissimi km da lì, e sin da subito ci racconta con una luce particolare negli occhi, la storia del Bec Dauphin, della “Repubblica degli Escartons” e di mille altre curiosità legate a questi sentieri.
Presi dai racconti ci incamminiamo con lui per un po fino a quando ci saluta per poter andare a lavoro. La tappa continua tra boschi e piccole borgate simili a Pomaretto come Vignal e Villaretto. Mentre proseguiamo il cammino imbocchiamo un tratto di bosco davvero piacevole, che segue l’antica via dei Romani e ci porta fino a Mentoulles. È qui che arriva la sorpresa: da una casa affacciata sul sentiero… ricompare Bruno! Stavolta ha cambiato “divisa” e lo ritroviamo nei panni di guardiaparco delle Alpi Cozie. A quel punto capiamo che, oltre a essere memoria viva di queste valli, è anche uno di quelli che le custodisce ogni giorno.
All’interno del Parco si trova anche la Selva di Chambons, l’ultimo borgo che attraversiamo prima che, in lontananza, inizi a delinearsi il profilo del Forte di Fenestrelle. Qui la storia cambia tono e prende il timbro delle voci femminili. Nel 1898, infatti, furono proprio le donne del paese a guidare una ribellione per impedire l’esbosco della Selva. Quel bosco sopra le case aveva (e ha tuttora) un ruolo decisivo: proteggere l’abitato da valanghe e frane. Quando compresero che stavano per tagliarlo, le donne si organizzarono, si opposero e alla fine… riuscirono a salvarlo. Guardare oggi quegli alberi accesi di arancione, conoscendo questa storia, rende il paesaggio completamente diverso ai nostri occhi.
Ultimi tratti in salita e ultime ore di cammino che ci portano infine al Forte di Mutin. La scena che ci si apre davanti è mozzafiato: di fronte a noi, il Forte di Fenestrelle. Si tratta della seconda fortificazione muraria più lunga al mondo dopo la Muraglia Cinese. Costruita dai primi anni dell’Ottocento, si arrampica dalle rive del Chisone fino alla sommità del monte, chiudendo la valle con una serie di forti collegati da una scala coperta di 4.000 gradini (sì, quattromila). Ci sediamo in silenzio, il pranzo tra le mani, e restiamo lì a guardarli uno per uno (no, non li faremo ahah).
Dopo l’obiettivo raggiunto e la lunga pausa scendiamo al paese per concludere il nostro viaggio e raggiungere l’ingresso del forte. Con il sorriso stanco sulle labbra e gli occhi ancora pieni di immagini di questi giorni, ci diciamo che torneremo: vogliamo percorrere anche le tappe di montagna da Fenestrelle in avanti, seguendo la Strada dell’Assietta.
Per ora, dopo un abbraccio collettivo e tante tante tantissime dronate, ci godiamo l’arrivo e il riposo che ci siamo guadagnati. Arriva la sera, l’animo si rilassa e sopraggiunge la serenità di un altro cammino condiviso. Penso molto spesso a quanto sono fortunato nel poter osservare camminando tutte queste bellezze che la natura ci ha regalato. So che è difficile da capire, ma a me, personalmente, mettermi in cammino non stanca mai. Alla prossima, cara strada!

Ci tengo a ringraziare a nome di tutto il team il Consorzio Turistico Pinerolese per il supporto e la disponibilità dateci durante il viaggio. Grazie a Milena, Alina, Elena, Bruno e tutte le persone incontrate lungo le Strade dei Forti. Grazie per il lavoro svolto e che continuerete a fare!
Gianluca
































