Diari
13 Gen 2025

Passi, promesse e connessioni: il ritorno di Alessandra sul Cammino Minerario di Santa Barbara

Questo cammino mi ha insegnato che la vera bellezza non sta solo nei paesaggi, ma nelle connessioni che si creano lungo il percorso e nella forza che scopriamo dentro di noi, passo dopo passo.

Dopo mesi di attesa, Alessandra torna sui sentieri del Cammino Minerario di Santa Barbara per mantenere una promessa fatta a se stessa: concludere quel viaggio sospeso in primavera. Il richiamo di quei paesaggi selvaggi e autentici non si è mai spento, così come il desiderio di vivere ancora le emozioni che solo il cammino sa regalare. Con lo zaino in spalla e la mente aperta, è pronta a lasciarsi sorprendere dalle storie, dagli incontri e dai passi che la condurranno verso la fine di questa straordinaria avventura. Prepariamoci tutti insieme alla conclusione del suo viaggio!

Ed eccomi di nuovo qua, con 5 giorni liberi dal lavoro e la voglia di riempirli con qualcosa di bello, qualcosa che avevo lasciato in sospeso: proseguire il mio Cammino Minerario di Santa Barbara proprio da dove l’avevo lasciato. Recupero la mia credenziale, la mia guida, il mio taccuino. Prenoto con qualche giorno di anticipo le strutture in cui dormirò e preparo lo zaino. È un sabato mattina di metà ottobre. Finisco presto al lavoro, mi metto subito in macchina e, dopo due ore di strada, raggiungo Montevecchio.

Parcheggiata l’auto, un senso di gratitudine verso me stessa mi pervade. Mi ero ripromessa, a fine aprile, davanti a quella stele di pietra al termine della 6ª tappa, che sarebbe stato solo un arrivederci. A volte, però, le promesse sono difficili da mantenere, soprattutto quelle fatte a se stessi. E invece eccomi qua, davanti a quella promessa, pronta con il mio zaino a iniziare la 7ª tappa del mio cammino.

Partenza della seconda parte del Cammino

Tappa 07: Montevecchio – Arbus

16 km

Mi prendo qualche minuto prima di partire, assaporando le emozioni che mi invadono solo per il fatto di essere qui. Parto, sola con me stessa, e mi imbatto quasi subito in una vecchia miniera fatiscente, fatta di alte vetrate rotte attraverso le quali posso spiare all’interno e immaginarmi le vite passate dei minatori, i vagoni arrugginiti e i binari abbandonati. Un capitolo di storia recente della Sardegna, lasciato lì, sotto il soffio del vento.

Proseguo per vie sterrate di campagna, tra piante di fichi d’India e alberi di corbezzoli (molto buoni, aggiungerei). Raggiungo il primo paesino: Guspini. È primo pomeriggio e per le vie non c’è nessuno, ma a farmi compagnia ci pensano le colonne di basalto secolari che spuntano tra alberi di limoni e melograni. Lascio il paese alle spalle e mi immergo nella natura. Il cielo azzurro inizia a mostrare la luna. Pian piano il cielo si colora di arancione e, finalmente, intravedo i tetti delle case di Arbus.

Arbus sullo sfondo

I piedi fanno male e lo zaino è pesante, ma nella struttura che ho prenotato per la notte, “Sa Paxi”, mi accoglie Roberta. Praticamente un angelo vestito da ragazza, che mi dà il benvenuto con una birra fresca in frigo e dolcetti sardi preparati dalla mamma. Nonostante la stanchezza, mi fermo sul terrazzo al tramonto a chiacchierare con lei, come una vecchia amica conosciuta da dieci minuti. Dopo una pizza calda, consumata in solitudine al lume di una candela sotto il cielo stellato, crollo a letto ancor prima delle 22, dopo una doccia rigenerante.

E’ il tuo primo cammino e hai paura dei problemi che possono sorgere lungo la strada? Se il tuo obiettivo è limitarli, abbiamo scritto una guida al primo cammino, con tantissime informazioni e consigli utili.

Tappa 08: Arbus – Perd’e Pibera

15.5 km

La mattina inizia con una colazione accompagnata da un bigliettino e un augurio di buon cammino di Roberta. Che belli i piccoli gesti! Dopo una breve sosta al supermercato per comprare il panino quotidiano, riprendo i miei passi. Mi fermo dopo pochi chilometri davanti a una struttura di pietre che in Sardegna conosciamo bene: una tomba dei giganti. La visito in solitudine, lasciandomi avvolgere dall’energia che questi luoghi trasmettono. Più avanti, raggiungo Gonnosfanadiga, dove il ginocchio si risveglia dolorante. Come se non bastasse, mi trovo davanti una scalinata infinita di gradini, ma il cammino è fatto di gioie e dolori, e quindi avanti con il ginocchio zoppo.

Arrivo al bosco di Perd’e Pibera nel primo pomeriggio, tra famiglie che ridono e mangiano all’ombra dei lecci e delle querce secolari. Mi approprio di un tavolo in pietra rimasto libero, tolgo le scarpe e mangio il mio panino in ascolto degli alberi. Poco dopo, vedo arrivare due ragazzi con lo zaino e il nastrino blu del cammino. È bello sapere che altri stanno percorrendo le stesse strade.

Aspetto una persona: Martina. Non ci conosciamo ancora di persona, ma ci siamo trovate su Instagram, grazie a un’interazione ben spesa. Arriva con il sorriso, e le ore successive passano tra chiacchiere, risate e confidenze. A Perd’e Pibera non c’è nulla per dormire, così, con la sua macchina, torniamo a Gonnosfanadiga per la notte.

Tappa 09: Perd’e Pibera – Villacidro

15.6 km

Dopo una colazione al bar e la solita spesa per il pranzo, io e Martina torniamo in macchina al bosco di Perd’e Pibera, dove avevo concluso la tappa precedente. Non importa quanto ripida sia la salita iniziale: tra chiacchiere e momenti di silenziosa immersione nella natura, la fatica passa quasi inosservata.

La tappa si rivela lunga e impegnativa, e il dolore al ginocchio torna a farsi sentire. Sono davvero grata di avere Martina al mio fianco: la sua compagnia è la forza che mi manca per affrontare i tratti più duri. Arriva l’ora di pranzo, e ci fermiamo all’ombra di alcuni alberi per gustare il nostro panino con vista. Intorno a noi, il paesaggio è spettacolare: tra il verde intenso degli alberi spiccano il rosso e l’arancione acceso dei corbezzoli, tanto numerosi da sembrare decorazioni natalizie. Non possiamo resistere e ne raccogliamo qualcuno.

Pianta del corbezzolo, tipica di quelle zone.

Finalmente, dopo tanta fatica, vediamo dall’alto i tetti di Villacidro. Entriamo nel paese quasi in punta di piedi: l’aria fresca profuma di camini accesi, e i fedeli che escono dalla chiesa ci salutano con curiosità. È stata una tappa impegnativa, ma la soddisfazione è grande. Come premio, ci concediamo una birra fresca (per me) e un bicchiere di vino (per Martina), sedute su una panchina nella piazza mentre il sole tramonta lentamente. Raggiungiamo il nostro alloggio, e dopo una tisana calda, crolliamo ognuna nel proprio letto, pronte per affrontare la tappa successiva.

Tappa 10: Villacidro – Monti Mannu

18 km

La notte è stata rigenerante. Dopo una ricca colazione e la solita scorta di panini, ripartiamo. La tappa si sviluppa quasi interamente su asfalto, con un’unica salita significativa nei primi chilometri. Ginocchia e piedi ringraziano per il percorso meno impegnativo, e i chilometri scorrono tra chiacchiere e l’ammirazione della natura. Al 14º chilometro, il paesaggio cambia improvvisamente: entriamo in un bosco fitto e ombroso, dove ci fermiamo a pranzare su un tavolo di legno che sembra essere lì apposta per noi.

Sai che se hai meno di 35 anni puoi dormire gratuitamente lungo questo cammino? Ne parliamo qui.

Gli ultimi chilometri si snodano lungo un ruscello il cui mormorio ci invita a fermarci. Togliamo le scarpe e immergiamo i piedi nell’acqua fresca: un piccolo piacere dopo più di 60 chilometri percorsi in pochi giorni. Arriviamo alla fine della tappa, dove ci accoglie la Posada di Monti Mannu, un luogo magico immerso nel silenzio del bosco. La notte cala e, accompagnate solo dal rumore degli alberi e del ruscello, ci prepariamo per l’ultima tappa.

Pausa meritata al ruscello

Tappa 11: Monti Mannu – Arenas

15.5 km

Quando suona la sveglia, il bosco è ancora avvolto nel buio e in una leggera pioggerella. Facciamo colazione, prepariamo gli zaini e partiamo. Mentre il cielo si rischiara, un rumore improvviso tra gli alberi attira la nostra attenzione: cervi che corrono e si sfidano urtando le loro corna. È un momento magico, che rende il cammino ancora più speciale.

La parte più impegnativa della tappa arriva dopo un torrente: ripide salite e rocce scivolose mettono a dura prova il ginocchio già dolorante. Nonostante tutto, il panorama che ci circonda è mozzafiato. Raggiungiamo il punto più alto e, dall’alto, ammiriamo la cascata di Piscina Irgas. Il paesaggio è selvaggio e grandioso, e tutto il resto passa in secondo piano. Il sentiero ci riporta lentamente nel bosco, dove gli ultimi chilometri scorrono più leggeri. Arriviamo ad Arenas allo scoccare delle 14:00, dove ci aspetta Dacia, un altro angelo del cammino, pronta a darci un passaggio.

Dopo una serie di trasferimenti, torno finalmente a Montevecchio, il punto di partenza. È qui che saluto Martina, che con un gesto inaspettato mi regala una spilletta a forma di lama come augurio per il mio compleanno imminente. Tra abbracci e un po’ di commozione, ci separiamo. Il viaggio di ritorno è accompagnato da un mix di stanchezza, dolore e gratitudine. Questo cammino mi ha insegnato che la vera bellezza non sta solo nei paesaggi, ma nelle connessioni che si creano lungo il percorso e nella forza che scopriamo dentro di noi, passo dopo passo. E mentre il sole tramonta all’orizzonte, una sola speranza mi accompagna: che questo sia solo un arrivederci.

Termine del cammino

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Articolo di
Alessandra Sonnu

Racconto dei miei viaggi, parlo della Sardegna, ogni tanto compro piante ✨