Diari
06 Ott 2025

Il cammino nelle Terre Mutate di Martina: il suo viaggio e i suoi consigli

Quando tutto intorno crolla, quando tutto è distrutto, ci si accorge che la vita è la cosa più importante. E da lì, si ricomincia.

Un’appassionata camminatrice della nostra community, Martina , ha percorso tutto il Cammino nelle Terre Mutate, ma in questo diario non troverai la cronaca delle tappe giorno per giorno. Al contrario, ha scelto di raccontare ciò che davvero resta addosso dopo un viaggio così: aneddoti curiosi, momenti inattesi, incontri che hanno lasciato il segno e consigli pratici per chi vorrà mettersi in cammino. Il suo racconto mescola emozioni e realtà, mettendo insieme la bellezza dei paesaggi con le difficoltà incontrate lungo la strada, la fatica con la gioia della condivisione. Un invito a guardare oltre la semplice distanza percorsa, per scoprire che camminare significa anche ascoltare, imparare e lasciarsi sorprendere.

Se anche tu come hai voglia di condividere il tuo racconto di cammino, scrivici a info@camminiditalia.org: ti invieremo tutte le indicazioni per raccontare la tua avventura! E se preferisci un contatto diretto unisciti alla nostra Community su Facebook e condividi il tuo racconto con noi e altri appassionati.

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Perché la scelta di questo cammino?

Quando tutto intorno crolla, quando tutto è distrutto, ci si accorge che la vita è la cosa più importante. E da lì, si ricomincia. Ogni pellegrino e ogni pellegrina si mette in cammino per motivi personali, diversi e complessi. Nella mia piccola esperienza ho imparato che ogni cammino ti porta esattamente ciò di cui avevi bisogno.

Quest’anno ho sentito la necessità di toccare con mano qualcosa che, metaforicamente, somigliasse a ciò che stavo vivendo: il crollo della realtà che conoscevo e il vuoto intorno. Un vuoto però colmato dall’amore e dalla solidarietà delle persone accanto a me. Un vuoto da conoscere, accettare e, infine, ricostruire.

Ciò che mi ha spinta ad attraversare il Cammino delle Terre Mutate è stato anche il bisogno di avere la conferma che, con un piccolo gesto, si può fare la differenza. Questo cammino è nato proprio per riportare turismo e vita nelle piccole attività di chi ha scelto di rimanere e ricostruire paesi e città colpite dai terremoti.

La storia delle Terre Mutate

Il Cammino delle Terre Mutate ha origine nel 2012 come continuazione della “Lunga Marcia per L’Aquila”, un’iniziativa nata per esprimere vicinanza alle popolazioni colpite e denunciare i ritardi nella ricostruzione dopo il sisma del 2009. Da quella esperienza, sostenuta da realtà associative come il Movimento Tellurico, è nato un percorso che oggi unisce territori segnati dai terremoti tra il 2009 e il 2017. Non si tratta solo di un itinerario escursionistico, ma di un vero cammino solidale: l’obiettivo è valorizzare il turismo responsabile, sostenere la ripresa economica e rafforzare i legami tra le comunità locali.

I segni del terremoto

Il cammino parte da Fabriano e attraversa quattro regioni (Marche, Umbria, Lazio e Abruzzo) per un totale di 14 tappe, fino ad arrivare a L’Aquila. Io l’ho percorso tutto, ed è stata una grande avventura. Per ragioni di spazio, ho scelto di scriverne non come un diario dettagliato, ma con riflessioni che possano essere utili a chi leggerà.

Le tappe del cammino

Ecco le tappe e le distanze:

  1. Fabriano – Matelica: 25,5 km
  2. Matelica – Camerino: 23,4 km
  3. Camerino – Fiastra: 22,8 km
  4. Fiastra – Ussita: 21,2 km
  5. Ussita – Campi di Norcia: 19 km
  6. Campi di Norcia – Norcia: 9,5 km
  7. Norcia – Castelluccio di Norcia: 15,4 km
  8. Castelluccio di Norcia – Arquata del Tronto: 17,8 km
  9. Arquata del Tronto – Accumoli: 16,8 km
  10. Accumoli – Amatrice: 16,7 km
  11. Amatrice – Campotosto: 15 km
  12. Campotosto – Mascioni: 14 km
  13. Mascioni – Collebrincioni: 24,5 km
  14. Collebrincioni – L’Aquila: 8,5 km

A colpo d’occhio si nota che le distanze non sono sempre equilibrate: questo perché il cammino segue le tappe maggiormente colpite dal terremoto. Alcune giornate sono davvero impegnative: i saliscendi costanti non vanno sottovalutati. Anche la stagione incide molto: io l’ho percorso in luglio, e nonostante il sole, l’altitudine ha reso più sopportabile la fatica.

Conosci tutti i cammini presenti nel Lazio e in Abruzzo?

Il paesaggio nella sua bellezza

Camminare lungo queste terre è stato come attraversare un mosaico di bellezze diverse: montagne che si aprivano all’orizzonte, laghi che brillavano al sole, campagne silenziose e borghi sospesi nel tempo. Ma il momento più intenso non è arrivato davanti a un panorama, bensì quando i miei passi mi hanno condotta nei paesi feriti dal terremoto. Tra le case crollate e le strade vuote, ho sentito forte il bisogno delle persone di raccontare: le storie di ciò che era stato, la fatica del presente e la fragile speranza di un domani diverso. In quei luoghi la natura rigogliosa e le ferite ancora aperte si intrecciano in un contrasto struggente, che rende ogni passo un atto di ascolto e di memoria.

Ho scelto di percorrere il cammino in autonomia, con una tenda e soste nei campeggi. Tra i ricordi più belli c’è il campeggio sul Lago di Fiastra, dove ho fatto il bagno in un paesaggio da cartolina: il verde delle montagne che si rifletteva nell’azzurro del lago. I miei occhi si sono riempiti di ricordi che ho voluto fermare con gli acquerelli che portavo nello zaino. Qualcuno, esperto di cammini, avrebbe storto il naso dicendo che sono solo peso inutile…per me sono stati indispensabili.

Li ho scelti addirittura al posto del balsamo! In fondo, non potevo permettermi di portare entrambi e tra capelli un po’ arruffati e colori per fermare i ricordi, non ho avuto dubbi su cosa fosse davvero necessario (mi scuso con i parrucchieri che stanno leggendo questo articolo!)

Tra le tappe più belle, a mio avviso, c’è Castelluccio di Norcia: anche senza la fioritura delle lenticchie (perché ti pareva che l’unico anno che vado per vederla, non c’è stata), la piana era sorprendente. Indimenticabile anche la salita tra Fiastra e Ussita, faticosa ma ricca di panorami mozzafiato. E la penultima tappa verso Collebrincioni, tutta in montagna: sembrava di camminare dentro una cartolina.

Le criticità del cammino (e consigli utili)

Il mio viaggio non è andato proprio come mi aspettavo (ma quale viaggio d’altronde va esattamente come lo avevamo previsto?). Sono partita da sola, convinta di incontrare tanti altri camminatori, ma ho scoperto poi che a luglio questo cammino non è molto frequentato. Spesso ho passato intere giornate senza incontrare anima viva. Per chi ama la solitudine (e io ammetto che solitamente ci sto molto bene) può essere un dono, tuttavia in alcuni tratti sarebbe stato meglio essere in compagnia.

Se stai per partire per il tuo primo cammino e vuoi sentirti meno solo, scopri la nostra Guida al primo cammino: troverai suggerimenti utili su attrezzatura, tappe e imprevisti da affrontare con serenità.

Un altro aspetto complesso è la scarsa segnaletica. Senza GPS o mappe digitali può diventare difficile orientarsi: molti cartelli sono usurati o nascosti dalla vegetazione ed alcuni tratti appaiono molto “spartani”, con sentieri poco visibili o percorribili.

Una difficoltà imprevista sono stati i cani maremmani da pastore: proteggono le greggi e spesso vedono il camminatore come una minaccia, arrivando a bloccare la strada (senza considerare la paura nel vederli saltare fuori in strada all’improvviso). È capitato più volte, soprattutto tra Lazio e Abruzzo, e non è stato facile gestirli, anche perché spesso non vi è la presenza del pastore accanto e i cani hanno il compito di abbaiare forte per spaventare e “minacciare” il pericolo.

Anche se il camminatore posa lo zaino e si ferma, anche se si adottano tutte le strategie consigliate in queste circostanze, non è detto che il problema si risolva. In un’occasione, a causa di un incontro con i cani, mi sono fatta male al ginocchio e ho dovuto cercare un passaggio. E qui, altro problema: ho scoperto che in molte zone non ci sono mezzi pubblici: niente bus, taxi o collegamenti rapidi. Per fortuna, ho trovato grande solidarietà negli abitanti, sempre disponibili ad aiutare e negli organizzatori del cammino che ho contatto telefonicamente (i loro numeri sono sul sito ufficiale del cammino).

Ammetto che, tra le difficoltà, ho pensato ad un certo punto di abbandonare e tornare a casa (e voi direte…e come? Me lo stavo chiedendo pure io). Poi, grazie a una chiacchierata con uno degli organizzatori, ho scoperto che una ragazza stava camminando una tappa davanti a me. Sentivo che quello poteva essere il mio spiraglio, così mi sono messa in contatto con lei e ho deciso di raggiungerla. Non è stato semplice: con il ginocchio dolorante ho dovuto chiedere un passaggio (e fermarmi per un giorno), e ancora una volta la generosità degli abitanti del posto mi ha salvata.

Martina in tenda con la tazza dello shop Cammini d’italia

Quelle persone, con la loro disponibilità, hanno reso possibile l’incontro che avrebbe cambiato il mio cammino. Quando ho incontrato Samuela, ci siamo date coraggio, abbiamo condiviso silenzi e fatiche, riso dei nostri inciampi (tipo quando sono finita in una palude fino alle ginocchia, sprofondando tipo Artax, il cavallo di Atreyu in *La storia infinita*) e ci siamo sostenute nei momenti più difficili. È stata quella scelta – camminare una accanto all’altra – a permetterci di arrivare fino alla fine, insieme, davanti alla meta tanto attesa: L’Aquila.

Cosa mi porto a casa

Questo cammino mi ha insegnato, prima di tutto, a chiedere aiuto e ad ascoltare il mio corpo. Per la prima volta ho dovuto fermarmi un giorno e saltare una tappa. E sapete cosa è successo? ASSOLUTAMENTE NIENTE. Anzi, se non lo avessi fatto, probabilmente me ne sarei pentita. Ho capito che il vero senso del cammino non è “arrivare a tutti i costi”, ma rispettare i propri limiti e il proprio istinto.

Mi porto a casa la bellezza delle persone incontrate: i gestori delle Pro Loco, gli anziani dei paesi, i giovani che hanno scelto di restare, chi ancora vive nei container, i lavoratori che hanno ricominciato dalle strutture di legno. L’ospitalità delle suore e di tutti coloro che mi hanno accolto lungo la strada rimarrà nel cuore.

Mi porto a casa la consapevolezza che ogni passo, anche piccolo, può fare la differenza. Che tutto ciò che crolla, un giorno, può essere ricostruito — forse meglio, in una forma più adatta a noi. Mi porto a casa il pensiero che tutto ciò che ci serve è già dentro di noi, indipendentemente da ciò che accade fuori. E che laddove sappiamo trovare la luce e il lato positivo, siamo già arrivati alla meta. E con questa consapevolezza, auguro a te che mi stai leggendo un buon cammino: che possa sorprenderti, insegnarti e, soprattutto, aprirti la porta a un orizzonte di libertà e possibilità che non avresti mai immaginato.

Articolo di
Martina Pinaroli

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