Diario di Beatrice: la Via degli Dei nella prima settimana dell’anno.
Una sera di dicembre ho pensato che volevo fare un cammino, avevo a disposizione una settimana e cercavo un posto che fosse raggiungibile con il treno. Non ero sicura che l’inverno fosse il periodo migliore ma non mi sono fatta intimorire dalle possibili basse temperature e dall’alta probabilità di maltempo e così ho deciso di partire per la Via degli Dei.
Giorno 1 – Bologna – Badolo
24km – 683d+
Arrivo a Bologna che è ancora buio, guardo fuori dal finestrino del treno ed è tutto scuro, l’alba in inverno tramonta tardi. Il cielo inizia ad accogliere le prime luci rosee, tutto mitigato dalla nebbia. Una giornata tipica della pianura padana.
Percorrendo i seicentosessantasei portici di Bologna, ci si lascia la città alle spalle, fino al Santuario di San Luca. Da qui inizia il sentiero. La luce è invernale, una luce fredda che riflette sulle colline. Il paesaggio inizia a disperdersi e lascia spazio alla natura. Ogni tanto mi giro indietro e vedo ancora San Luca.
La linea delle colline ospita all’orizzonte file di cipressi. Continuo a girarmi in quanto non sono panorami a cui sono abituata, sfumature di colore si estendono in lontananza. L’infinito è una distesa verde.
La casa dove alloggio è una cascina immersa nel bosco, c’è un giardino botanico ma le piante in questa stagione sono dormienti. La camera ha degli oblò che danno sul bosco. Silenzio. I fiori secchi per la casa, il caminetto, assolutamente la stagione del riposo. Mi sento lontana dalle mie abitudini, la mente finalmente evade.
Giorno 2 – Badolo – Madonna dei Fornelli
28km – 1221d+
La notte è stata lunga, ho dormito tanto e mi sono svegliata presto, ancora buio. La prima tappa di oggi è il Monte Adone. Le nuvole sono ferme e basse, io continuo a salire. Sembrano incastonate tra le colline. Adone era il semidio figlio di Venere. Da quassù è bellissimo, bucolico. I prati accolgono i cavalli.
Fa caldo per essere Gennaio. La natura, gli alberi, non sanno neanche loro come comportarsi. Dopo aver passato la località di Monzuno, si entra nel bosco di castagni. La Rosa canina spicca nella vegetazione dormiente. Qualsiasi borgo si attraversi è tutto chiuso. Chiari segnali che siamo un po’ fuori stagione. Il bosco è autunnale, c’è un vento forte che soffia tra i rami provocando dei fischi. Dopo aver camminato per molti km nel bosco si arriva al Passo delle Tre Croci, qua il panorama si apre.
Le nuvole nere e minacciose contendono il cielo con un tramonto invernale caricato di colori caldi. Sono circondata dagli Appennini. Si scorgono chiesette e paesini all’orizzonte. Il vento soffia forte, riesce a spostarmi mentre cammino. La strada che collega il Passo delle tre Croci a Madonna dei Fornelli è molto romantica. Una stradina bianca tra i prati, mi ricorda le strade di campagne, non c’è nessuno. Cammina, sei quasi arrivato.
Giorno 3 – Madonna dei Fornelli – Monte di Fò
18km – 687d+
Dal paese di Madonna dei Fornelli (si chiama così perché trasformava il legname in carbonella) il sentiero sale subito molto ripido. Oggi si sta sotto il bosco. La giornata sembra luminosa, c’è un bel sole caldo, ma appena si entra nel bosco una fitta nebbia inizia a diffondersi velocemente.
Il bosco, ha alberi alti e la nebbia che lo rende umido satura i verdi. Uno dei momenti che mi è piaciuto di più. Si passa il confine Emilia Romagna – Toscana. Nel bosco si trova una campanella che indica l’altitudine più alta del cammino (1200 slm). Puoi suonarla! Chissà se il suo suono arriverà fino ad Ermes.
Giorno 4 – Monte di Fò – San Piero a Sieve
24km – 597d+
Partire con il buio è ormai una regola. Il vento che ulula tra gli alberi e qualche timido uccellino che canta. C’è molta nebbia, più dei giorni scorsi. È così fitta che sembra stia piovendo. Quella di oggi potrebbe essere una tappa panoramica ma la visibilità è di qualche metro, mi concentro sui dettagli vicini. Ovunque guardi è dubbio.
Quando si esce dal bosco si raggiunge Sant’Agata, un borgo lontano dalla freneticità cittadina, sembra allegro. La strada per arrivarci è tipicamente toscana, file di cipressi ed ulivi che ti accompagnano per la via.
Mancano ancora 8 km alla tappa, inizia a piovere. Si cammina per una strada asfaltata fino a San Piero a Sieve, si attraversano prati che accolgono greggi di pecore, qualche fattoria e qualche casa rurale, la pioggia non è forte ma continua.
Giorno 5 – San Piero a Sieve – Firenze
40km – 1227d+
Sta mattina siamo in 6 a partire. Decidiamo di partire presto perché questa sarà la tappa più lunga e il tempo non è dalla nostra parte. Guardiamo ogni sito di meteo per illuderci che ci sarà almeno una finestra di bel tempo. Le previsioni dicono Pioggia 99% , per tutto il giorno.
Partiamo con la mantellina e la torcia in testa, sono le 6:28 della mattina, piove forte. Non parliamo molto, iniziamo subito a camminare. Passiamo accanto alla Villa Medicea del Trebbio ma è così buio, che non ce ne accorgiamo neanche.
I sentieri sono già pieni di fango, è dal pomeriggio precedente che non smette di piovere. Sembra di stare dentro un sogno, la nebbia sfuma i toni, il buio le lascia il posto. Si attraversano prati, questa tappa è quella meno asfaltata, e con le condizioni meteo avverse la più fangosa in assoluto. Si trova un capitello “La Madunassa che fatica!”. Mi rimane impresso. Troviamo riparo al Convento di Montesenario, dove ci fermiamo a fare una pausa. Sono circa le 11 della mattina, per noi è ora di pranzo. Da qui riparte il sentiero per il bosco. Questi scenari mi fanno sentire viva, in sintonia con la natura. Il bosco è ricoperto di muschio.
Dopo qualche kilometro iniziamo a vedere in lontananza la nostra meta: Firenze. Si apre giusto uno spiraglio di luce in questo momento. Si vede la densità urbana. La vediamo! Mancano circa 20km ancora (siamo a metà tappa). Dopo aver visto Firenze sembra tutto in discesa (in senso metaforico perché il dislivello sembra non finire), le energie sono più cariche e sento che aumentiamo il passo. Il fango è densissimo, ti cattura la scarpa, l’attenzione è focalizzata tutta sul non caderci dentro.
Arriviamo a Fiesole e qui sembra proprio di essere arrivati, il panorama si apre e cessa anche di piovere per qualche momento. Cipressi, distese di ulivi, torri tra il verde, mi immagino i Romani che godevano di queste bellezze. Da Fiesole si inizia a scendere per la via panoramica. La Cupola del Brunelleschi è immensa. L’ingresso in città è lungo, strano, dopo 5 giorni di natura con boschi e silenzio, si arriva in città: asfalto, rumori delle auto, frenesia.
40 chilometri. Finisce qui.
Il giorno dopo
È strano non camminare e alzarsi con la luce, ero entrata nel mantra.
Questi giorni mi hanno caricato di energia positiva, la dilatazione del tempo durante un cammino ti fa vivere tutte le ore della giornata. La cosa che più apprezzo è vedere lo scorrere della luce, vedere come cambiano i colori. Fino a quell’ultima luce in cui il tuo occhio confonde le foglie degli alberi con la notte.
I miei compagni di cammino: Andrea, Emanuele, Stefano, Lorenzo, Mauro.
Beatrice
IG @bi_inthemountains