Diari
23 Giu 2025

Dal divano di casa al Cammino dell’Intrepido Larth: il racconto di Mina

Quel cammino, quei chilometri condivisi, li porteremo dentro anche una volta tornati in casa.

Il divano e la stanchezza nello sprofondarci, uno zaino e la voglia di mettersi in cammino. In questo racconto sincero e leggero, Mina ci accompagna lungo il Cammino dell’Intrepido Larth, un itinerario a cavallo tra Umbria e Lazio, tra Orvieto, Bolsena e Civita di Bagnoregio. Tre giorni a piedi, tra paesaggi silenziosi, piccole paure condivise e la bellezza di questo territorio anticamente battuto dai romani . Il nome richiama la figura etrusca di Larth, simbolo di coraggio e di viaggi interiori tanto quanto geografici. Più che un semplice trekking, questo cammino è un invito a rallentare, a riscoprire lo stare insieme e a misurarsi con le proprie paure – da quelle logistiche a quelle emotive. Pronti ad alzarci dal divano e a metterci in cammino con Mina?

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Ci sono cammini che iniziano prima ancora di mettere piede fuori casa. Eppure, dal divano alla strada il salto è stato breve e immenso: basta aprire la porta e avere il coraggio di partire. Il resto – fatica, bellezza, silenzio, condivisione – viene da sé. Come dicono i Coma Cose: “se potessi cancellare una cosa sarebbe il soffitto”. E allora, per tre giorni, il soffitto ce lo siamo lasciati alle spalle. Via le stanze singole e le mura che ci separano, via il tavolo della cucina, via anche quel “ragazzi, potete abbassare la voce?” che ogni tanto ci sfugge.

Prima di ogni cammino, la testa va sempre lì: allo zaino, alla lista mentale che diventa ossessione. Quante t-shirt, quanti pantaloni, i calzini di ricambio, i cerotti, le bende. Anche se questa volta era diverso. Il tempo era poco – solo tre giorni – ma le paure erano molte. La paura di affrontare il primo cammino in Italia, dopo qualche anno a calpestare le frecce gialle verso Santiago.

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Quelli italiani, si dice, sono meno battuti: meno fontane, meno punti di ristoro, meno frecce e più cani lasciati liberi nelle campagne. La paura di un meteo instabile. Di un dolore improvviso a muscoli e articolazioni che non sapevi nemmeno di avere. E poi, quella più sottile: la paura di rompere l’equilibrio di una convivenza che finora aveva retto, con tutte le sue stranezze e piccoli compromessi quotidiani.

Le credenziali del cammino dell’Intrepido Larth

Tappa 01: da Orvieto a Bolsena

Siamo partiti da Orvieto, città alta e fiera, sospesa su una rupe di tufo come una corona d’altri tempi. Alle spalle ci lasciavamo un ponte del 1° Maggio qualunque, e davanti a noi avevamo una strada sterrata che tagliava la campagna umbra e ci avrebbe condotti fino al Lago di Bolsena. Il sentiero corre tra campi coltivati, casali sparsi, boschetti freschi e piccoli borghi rurali. Ogni tanto un cavallo ci guarda passare, un trattore ci supera sollevando polvere. L’Italia minore, quella lenta, quella che non si vede dall’autostrada.

La partenza e i primi km dopo Orvieto

Avevi mai sentito parlare di questo cammino? Nato da relativamente poco tempo, ma già tanti camminatori lo hanno percorso. Scoprilo qui!

All’inizio, si cammina piano. Il silenzio dura più delle conversazioni. Ognuno soppesa la fatica e le emozioni. In cammino le dinamiche cambiano: ci si sveglia insieme, si mangia insieme, si condivide ogni passo. Anche i silenzi sono una forma di linguaggio. Ci si prende cura l’uno dell’altro senza nemmeno accorgersene: un biscotto condiviso, una borraccia allungata, un “tutto ok?” mormorato senza insistenza. Quando abbiamo visto Bolsena da lontano, con il lago immobile che rifletteva le nuvole grigie e il borgo arroccato sulla sponda, sembrava un miraggio. Abbiamo raggiunto la riva. I piedi bruciavano un po’, ma il cuore era leggero.

Tappa 02: da Bolsena a Civita di Bagnoregio

La seconda tappa è stata la più intensa, forse la più bella. Lasciato il lago, il cammino sale dolcemente tra vigneti e uliveti. A tratti si perde in boschi fitti, poi si apre di nuovo su scorci da cartolina. Si cammina accanto a borghi di pietra, si incrociano croci di legno su colline isolate, e per lunghi tratti non si incontra anima viva.

È in queste ore che impari cosa vuol dire davvero camminare insieme. Quando il ritmo si sfascia, quando uno rallenta per un dolore al piccolo mignolo e un altro accelera perché ha bisogno di mantenere il passo. Eppure, ci si ritrova sempre. Parlare si alterna con il tacere. Si dice poco, ma si ascolta tanto: i rumori della natura, il vento tra le fronde, i propri pensieri che si fanno chiari.

Poi, a un certo punto, Civita di Bagnoregio. Un ponte sottile che collega la terra al sogno. Un borgo sospeso, fragile ma resistente. Abbiamo camminato in silenzio per l’intero ponte, come se non volessimo disturbare la magia. Una volta dentro, tra le vie vuote e gli archi antichi, sembrava di essere usciti dal tempo. Una cena sotto una pergola, le gambe finalmente ferme. E un pensiero che ci ha attraversati tutti: ci siamo arrivati insieme.

In giro per Civita di Bagnoregio

Tappa 03: da Civita di Bagnoregio a Orvieto

L’ultima tappa è stata il nostro ritorno, ma anche una piccola rinascita. Il ritorno non è mai uguale all’andata, perché tu non sei più lo stesso. Ci siamo svegliati presto, prima dell’alba, per vedere Civita sotto la sua luce più fragile e perfetta. Il silenzio era ancora più denso, le pietre del borgo sembravano trattenere il respiro. Il sole è sorto lentamente, tingendo il tufo di oro e rosa, e noi eravamo lì, spettatori immobili, con le gambe ancora stanche e gli occhi pieni. Era un saluto silenzioso a quel luogo sospeso, che per una notte ci aveva accolti.

Alba a Civita

Il corpo era stanco, certo, ma già più allenato, o forse abituato. Le paure iniziali sembravano lontanissime. Anche tra di noi era cambiato qualcosa: ci si parlava con più leggerezza, con più trasparenza. Lungo il sentiero di ritorno, le colline sembravano più dolci, e Orvieto, di nuovo lassù, ci è sembrata familiare, come se ci aspettasse. Ci siamo fermati all’ingresso della città, a guardarci un momento. Nessuno ha detto: “È finita”. Perché non lo era davvero. Quel cammino, quei chilometri condivisi, li porteremo dentro anche una volta tornati in casa.

Ultimo giro: verso Orvieto

E forse ora, quando ci sentiremo chiedere “Potete abbassare la voce?”, lo faremo con un sorriso. Perché sapremo che, là fuori, c’è un modo diverso di stare insieme. Basta solo avere il coraggio di partire. Ringrazio i miei coinquilini intrepidi, per ogni passo, ogni silenzio, ogni canzone canticchiata e ogni risata condivisa lungo la strada.

Articolo di
Mina de Bartolo

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